Lutto nel mondo del calcio. E’ notizia recente, infatti, la morte di Jeremy Wisten, ex talento dell’Academy del Manchester City, per il quale la causa della morte sembra essere suicidio a seguito della depressione di cui soffriva. Il periodo del lockdown, unito al mancato rinnovo coi citizens, hanno portato il giovane di soli 17 anni all’aggravarsi della sua condizione psicologica.
Di seguito il comunicato del Manchester City:
“The Manchester City family are saddened to learn of the passing of former Academy player Jeremy Wisten. We send our deepest condolences to his friends and family. Our thoughts are with you at this difficult time.”
Wisten, un suicidio che è sconfitta del calcio
Nonostante siano lanciati in un mondo di sponsor, stipendi da sogno e fama anche momentanea, molti calciatori possono cadere nel baratro della depressione. Sarà l’abbondanza o le aspettative, proprio quelle che nutriva Jeremy Wisten nelle sue potenzialità in Academy del Manchester City.
La depressione colpisce anche chi è avviato ad avere il mondo calcistico ai propri piedi mentre diventa grande interrogativo per chi si pone la domanda una volta conquistato tutto.
Recentemente, in Italia, abbiamo seguito con apprensione il caso di Josip Ilicic, attaccante dell’Atalanta risultato indisponibile nei mesi scorsi a causa della depressione data dal lockdown. Così come per lo sloveno veniamo a conoscenza di giocatori ben più giovani e speranzosi verso il futuro.
Jeremy Wisten era nato in Malawi, poi trasferitosi in Inghilterra con la famiglia in cerca di fortuna. Difensore di ruolo, nel 2016 viene accolto nell’under 13 del Manchester City, è l’inizio di un sogno in una delle società calcistiche più grandi e famose d’Inghilterra e del mondo.
Raggiunta quasi la maggior età non è arrivato il rinnovo coi citizens, motivo di delusione che, assieme al periodo difficile del lockdown e del covid-19, diventa condizione sufficiente per la tragedia.
Da Wisten a Di Bartolomei passando per Morosini
Oltre alla tristissima notizia del suicidio di Wisten, in uno degli sport più seguiti al mondo i lutti hanno risentito di un’eco capace di amplificare le notizie. Ricordiamo quando la tragedia di Piermario Morosini, giocatore classe ‘86 del Livorno, ha sconvolto il calcio italiano nel 2012. Fermarsi, accasciarsi a terra, aspettare l’arrivo dell’ambulanza. Le immagini di un giocatore che muore in campo restano vivide.
Caso diverso e più recente, ma con lo stesso tremendo esito, quello di Davide Astori. Il difensore della Fiorentina, nel 2018, morì improvvisamente in albergo a Udine, durante la trasferta con i viola, a causa di una fibrillazione ventricolare dovuta a una cardiomiopatia aritmogena silente.
Più fortunati sono stati Antonio Cassano e Felice Natalino ai quali era stata diagnosticata un’aritmia cardiaca con relativo intervento e possibilità di salvaguardare la salute dei giocatori.
Quando i casi serbano dei rimpianti, quell’idea che tutto si potesse prevenire, non si può non pensare a Gary Speed ex calciatore del Newcastle e ct. del Galles che si suicidò impiccandosi.
Destino simile per Robert Enke, ex-portiere dell’Hannover e il grande Agostino di Bartolomei, centrocampista e capitano della Roma, entrambi morti suicidi a seguito di un disturbo depressivo.
Dalle morti in campo davanti ai tifosi fino a quelle relegate nel privato, lontano dai riflettori nel buio delle proprie difficoltà. Lo stesso disturbo depressivo è classificato dal DSM derivante dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. Il calcio, dunque, è portato a formulare delle domande sull’importanza della salute psichica degli atleti.
Dalla fama e dagli stipendi elevati decisamente prematuri, fino alle aspettative che ne conseguono. La vicenda di Wisten ci ricorda come il mondo del calcio mostri una certa complessità. Fenomeno dunque da osservare, riconoscere e studiare per comprendere e magari evitare la scomparsa di un qualsiasi altro ragazzo di 17 anni.