307 presenze, 104 gol, 85 assist e la bacheca ricca di trionfi. A qualunque tifoso del Milan si chieda di Kakà, però, questi dirà che i meri numeri non potranno mai rappresentare quel che ha portato alla causa rossonera. Una storia avviata nell’estate del 2003, momentaneamente interrotta nel 2009, poi ripresa per una breve parentesi nel 2013. Come un ultimo capitolo di un libro che non si vorrebbe mai lasciare.
Kakà, una storia ricca di aneddoti
Ricardo Izecson dos Santos Leite nasce a Brasilia il 22 aprile del 1982, anno in cui la sua patria vive la tragedia sportiva dell’eliminazione dal Mundial di Spagna. Proprio contro l’Italia, il Paese che lo svezzerà calcisticamente. Figlio di un’insegnante e un ingegnere, fa parte di una famiglia benestante, diversamente da Richarlison, che gli consente di poter realizzare il suo sogno: giocare a pallone. Trascorre un’infanzia serena con il fratellino Digão, con un’apparenza fugace al Milan, senza ripetere le fortune del familiare. Proprio lui dà origine al suo soprannome, data la difficoltà nel pronunciare Ricardo. Cacà è il nomignolo, che l’ex numero 22 trasformerà in Kakà.
Nel 2000, poco prima di iniziare la sua avventura al San Paolo, è vittima di un pericoloso incidente in piscina, nel quale sbatte la testa e rischia seriamente di perdere la vita. Uscito indenne, Kakà diventa un fervente credente in Dio. Ne sono testimoni le varie esultanze con le braccia rivolte al cielo e la canottiera sotto la maglietta con la scritta: “I belong to Jesus“, io appartengo a Gesù. Attivo anche nel sociale, nel 2004 è diventato ambasciatore del programma mondiale alimentare dell’ONU, volto a combattere la fame del mondo.
L’inizio tra lo scetticismo generale
Il biennio al San Paolo, condito da 59 apparizioni e 23 passaggi vincenti, spinge la dirigenza del Milan, nell’estate 2003, a puntare su di lui. In cambio di 8,5 milioni, dunque, Kakà approda a Milanello. Tra la curiosità e i dubbi degli addetti ai lavori, lo stesso allenatore, Carlo Ancelotti, dirà di lui: “Sembrava uno scolaretto, gli mancavano solo la cartella e i libri con la merendina“. Effettivamente, il look composto da giacca, cravatta e occhiali da vista non passa inosservato. L’ex dirigente della Juventus, Luciano Moggi, afferma: “Io non l’avrei mai preso. È pericoloso esporre un giocatore con un nome così al pubblico, perché se poi gioca male…“, Previsione non azzeccata, col senno di poi. Il tecnico emiliano resta da subito stupito dalle sue doti in allenamento. Eleganza, scatto, dribbling e un controllo di palla sopraffino. “Altro che Cerezo, questo è meglio!“, replicherà il tecnico.
Da quel momento in poi, la sua carriera è un’ascesa continua. Nel 2004 vince il primo trofeo, guadagnando lo Scudetto, formando una coppia formidabile con l’ucraino Andriy Shevchenko. Di quell’anno rimangono impresse le prodezze nei derby e un gran gol da fuori area siglato contro l’Empoli, un risicato 0-1 essenziale ai fini del Tricolore. La stagione successiva, invece, deve fare i conti con lo scotto del secondo posto in campionato e l’incubo di Istanbul, datato 25 maggio 2005. Nella lotteria dei rigori fa il suo dovere, diversamente dai compagni che getteranno via una coppa che sembrava ormai vinta. Avrà modo di rifarsi.
La strada verso Atene
Il 2005/2006 si conclude con la semifinale di Champions persa col Barcellona, poi vincitore della competizione, e la terza posizione in Serie A. Nell’estate di Berlino 2006, però, scoppia lo scandalo Calciopoli, che coinvolge diverse società. Ai rossoneri tocca scontare una penalizzazione di 30 punti dal campionato precedente e 8 di quello successivo. Kakà, nonostante molti vacillamenti, decide di restare a Milano, ripartendo dai preliminari della coppa dalle grandi orecchie contro la Stella Rossa. Sarà l’inizio di una cavalcata entusiasmante, culminata con la vendetta di Atene contro il Liverpool. Il verdeoro gonfia la rete per ben 10 volte, trascinando, con Seedorf e Inzaghi, i compagni verso la coppa. Destino vuole che una delle prestazioni più emblematiche sia avvenuta il 24 aprile 2007, due giorni dopo il suo 25esimo compleanno. Una formidabile doppietta all’Old Trafford facilita il cammino dei Diavoli, vittoriosi poi a San Siro 3-0. Il resto è storia.
Gli ultimi due trofei conquistati al Milan sono la Supercoppa Europea sul Siviglia e il Mondiale per Club sul Boca Juniors. Il 2007/2008, infatti, si conferma come un’annata di transizione, che vede il club fermarsi al quinto posto, mancando l’accesso alla Champions. Adriano Galliani, innamorato calcisticamente di Ricardo, rifiuta una faraonica offerta dal Manchester City e lo tiene a Milano per un’altra stagione. Dopo aver vinto il Pallone d’Oro, l’ultimo prima dell’egemonia Messi-Ronaldo. Si chiude al terzo posto e tra la notte dell’otto e nove giugno 2009 Kakà diventa un nuovo giocatore del Real Madrid, in cambio di 67,2 milioni di euro, cifra record per l’epoca. È la fine di un’era.
Kakà, l’ultimo atto di amore
L’avventura ai Blancos non vedrà ripetere gli exploit ammirati con il Milan. Nonostante la vittoria di una Liga e una Copa del Rey, il numero 8 soffre per i problemi di pubalgia e per quelli al menisco, che non lo fanno rendere al massimo. Il bottino totale parla di 120 presenze e 29 gol segnati, numeri interessanti ma decisamente non eclatanti. Adriano Galliani, allora, nell’estate 2013, tira in ballo la citazione: “Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano“. Al fotofinish del calciomercato, infatti, torna il figliol prodigo, indossando nuovamente il numero 22, giorno del suo compleanno. L’annata per il Milan è però da dimenticare. La mancata qualificazione alla Champions League marca l’inizio di un lento declino. Eppure, a fasi alterne, Kakà riesce a dare il suo contributo, siglando 7 reti in 39 presenze, tra cui una all’Atletico agli ottavi di Champions League.
Dopo aver salutato nuovamente il suo ex compagno e amico Clarence Seedorf, lascia il Milan per la seconda volta. Diventa il nono miglior marcatore di sempre per il club. Nel 2014, torna in prestito al San Paolo, prima di tentare lo sbarco in terra americana, all’Orlando City. Capitano del team, resta fino al 2017, accumulando 79 gettoni e 26 gol. Dopodiché, il 17 dicembre, annuncia il suo ritiro dal calcio giocato.
Brasile
In Nazionale, esordisce il 31 gennaio del 2002 contro la Bolivia. Nel 2002 vince il Mondiale, a soli 20 anni, scendendo in campo contro la Costa Rica. Nel 2005 vince la Confederations Cup, andando a segnare nel 4-1 della finale contro i rivalissimi argentini. A Germania 2006 timbra il cartellino al Mondiale per la prima volta, nel match del girone contro la Croazia, per poi perdere ai quarti di finale contro la Francia di Zidane. Stesso risultato quattro anni dopo in Sudafrica, contro la magnifica Olanda di Robben e Sneijder. Il computo totale è di 90 presenze e 29 gol, con l’ultimo match giocato nel 2016 contro Panama.
Ci rendiamo conto che raccontare le imprese di Kakà è veramente difficile. Per un giocatore che tanto ha dato al mondo del calcio, è un omaggio più che doveroso. Tanti auguri allora, Ricardo: da quel giorno in giacca e cravatta a Milanello il pallone ha trovato un’altra magnifica storia da raccontare.