È una vera e propria accelerata quella che ha subito negli ultimi giorni una suggestione, un’idea che era nell’aria già da tempo ma che da oggi si apre a spiragli concreti di realizzazione. Infatti, le probabilità di vedere compiuta una fusione tra la lega belga Pro League e l’Eredivisie olandese, che andrebbero a costituire la “BeNeLeague”, sono nettamente al rialzo. Questo in seguito all’assemblea dei club della Pro League, che ha espresso un giudizio unanime positivo circa l’unione dei due campionati. Ora si attende la risposta delle squadre dei Paesi Bassi, dalle quali filtra comunque ottimismo. Una buona riuscita dell’operazione porterebbe con sé numerosi benefici, ma anche qualche punto interrogativo.
Gli obiettivi della fusione tra Eredivisie e Pro League
In primo luogo, le motivazioni di tale proposta sono quelle di accrescere il livello di qualità delle varie compagini e quindi di rendere maggiormente competitivo un campionato che altrimenti, nel caso in cui rimanesse diviso tra Olanda e Belgio, avrebbe poco appeal e scarse opportunità di presentarsi sullo stesso livello delle maggiori leghe europee. E proprio da questo muove il desiderio da parte delle varie squadre di assumere una posizione di maggior rilievo in campo europeo, con l’ambizione di potersi confrontare ad armi pari con i principali top team provenienti dalle altre nazioni.
Di fatti negli ultimi anni, eccezion fatta per la strabiliante cavalcata dei lancieri dell’Ajax in Champions League durante la stagione 2018-2019, il campionato olandese, così come quello belga, ha dimostrato un’estrema difficoltà nel far emergere delle formazioni di spessore. Colmare questo gap nel minor tempo possibile è dunque la parola d’ordine; e la proposta d’aggregazione dei due campionati appare ad ora la strada più percorribile per ottenere questo scopo e raggiungere uno status considerevole a livello europeo.
Gli aspetti negativi della BeNeLeague
D’altro canto, le perplessità maggiori riguardano i club di media-bassa classifica, che si verrebbero a trovare in situazioni economiche precarie. Questo come una diretta conseguenza del fatto di dover investire somme di denaro supplementari in occasione delle partite in trasferta, i cui tragitti diverrebbero decisamente più costosi e meno abbordabili per società che non dispongono di ingenti capitali. La soluzione a questo problema appare quindi tanto semplice quanto criticabile: ridurre il numero massimo di squadre partecipanti a 18, 10 provenienti dall’Eredivisie e 8 dalla Pro League. Tutti coloro che economicamente non possono permettersi uno standard di un certo livello, si accomodano in serie minori, perdendo visibilità ed introiti.
Un’idea nel complesso suggestiva
Nonostante ciò e nonostante alcune lamentele da parte del pubblico, polemico e riluttante di fronte alla possibilità di trasferte decisamente più lunghe del solito, la proposta avanzata dalla Pro League appare solida e ben strutturata, in grado di dare nuovo lustro a dei campionati che vengono considerati quantomeno secondari. A ciò si aggiunge anche il fascino di poter vedere confrontarsi all’interno di una stessa lega formazioni come l’Ajax (prossimi avversari della Roma in Europa League) ed il Club Brugge, il PSV e l’Anderlecht, ricche di storia e con alle spalle molteplici trofei. Non ci resta dunque che attendere nuovi sviluppi, preparandoci ad essere testimoni di una vera e propria rivoluzione che in prospettiva appare in grado di ridisegnare il quadro dei top campionati europei, con buona pace delle quasi ex Eredivisie e Pro League.