Dopo un avvio di stagione abbastanza deludente, le critiche che piovono addosso all’allenatore dell’Inter, Antonio Conte, sono vibranti ed aspre. Al tecnico salentino è imputato il fatto che la squadra non proponga un “bel calcio”, che la cattiveria e la brillantezza non siano quelle che erano state messe in preventivo ad inizio anno. Nonostante il secondo posto in campionato, infatti, l’Inter in Champions League ha collezionato 5 punti in 5 gare, con una sola vittoria all’attivo. Oltre ad una crisi di risultati, quindi, la formazione nerazzurra deve far fronte anche alle difficoltà riscontrate nella creazione del proprio gioco. Proprio a causa delle suddette ragioni Conte cambia modulo.
Lo schema tattico che l’ex-Chelsea ha proposto sin da Febbraio è stato il 3-4-1-2, quello con la variante significativa del trequartista. Questo adattamento è risultato inusuale, a causa proprio del calciatore posizionato alle spalle degli attaccanti, poiché diverso dal “solito” 3-5-2, marchio di fabbrica del coach interista.
Le premesse che portano al cambiamento
Conte arriva alla corte di Zhang caricato di grandissime aspettative, acclamato come colui che dovesse riportare il tanto agognato titolo nella Milano a strisce neroazzurre. Fin da subito l’ex-CT sostiene i propri schemi e le proprie idee, immutate dal periodo post-juventino, adattandosi poco agli schemi preesistenti.
La sessione di calciomercato di inizio 2020, però, scompagina i piani dell’allenatore. In rosa approda Christian Eriksen, pagato 20 milioni di euro ed osannato dall’intera piazza: numero 10 naturale, rifinitore per eccellenza. Da quel momento, Conte, per soddisfare i desideri societari ed essendo consapevole del talento cristallino del danese, decide di apporre una variante al proprio classico 3-5-2. Togliere un giocatore dalla linea mediana del campo per posizionarlo alle spalle delle due punte, inserendo così nel proprio scacchiere una pedina mai utilizzata fino ad allora.
“L’esperimento”, effettuato più volte a gara in corso durante le fasi finali della scorsa annata, aveva riscontrato anche un discreto successo. Proprio per questo, quindi, è stato adottato nel corso dell’inizio della stagione corrente, suscitando però scarsissimo entusiasmo. I due fantasisti della squadra (Eriksen e Sensi) non sono mai stati schierati nei momenti decisivi: uno a causa dei numerosi infortuni, l’altro per la poca considerazione agli occhi del proprio allenatore.
L’adattamento è comunque proseguito e ad agire come perno della manovra offensiva è stato schierato Nicolò Barella. L’ex-Cagliari ben si è comportato, indossando però un abito non totalmente adatto per le proprie qualità. Nonostante le giocate brillanti del ragazzo italiano, infatti, le prestazioni corali sono risultate scarse, supportate dai pochi successi conseguiti e mal viste da larga parte della tifoseria.
Con il Sassuolo la svolta: Conte cambia modulo
E’ Sabato 28 Novembre 2020 quando, date le critiche ormai insostenibili, Conte cambia modulo. Il tecnico pugliese, stanco di essere messo in discussione e vedendo a forte rischio la permanenza sulla panchina del club, sceglie di mettere in gioco le proprie carte e stabilisce di voler portare fino in fondo la propria idea di calcio.
L’Inter abbandona il 3-4-1-2 e l’allenatore italiano decide di non dar più retta agli influssi esterni. Del resto Conte pensa che, se dev’essere esonerato, vuol essere sollevato dall’incarico a causa delle proprie scelte e non per “colpa” di quelle altrui. Ecco che in campo scende il “classico” 3-5-2, con tre mediani d’interdizione, dinamici, a supportare la manovra e a schermare la difesa. Tornano il mantra ed il capo saldo della filosofia del coach salentino. Il Sassuolo è però secondo in classifica, è una delle squadre più in forma del momento e l’Inter viene da due match “brutti”: una sconfitta interna ed una vittoria agguantata in extremis grazie al solo orgoglio: Sassuolo 0-3 Inter.
Mercoledì 1 Dicembre: gara più importante dell’anno, almeno fino ad oggi, partita di Champions League da “dentro o fuori”. Il mister interista schiera la linea mediana con i tre uomini di quantità e sostanza. L’Inter espugna Monchengladbach e batte la capolista del proprio girone. Schierare Barella, il migliore dei centrocampisti nerazzurri, come interno di centrocampo, andando ad abbassare il suo raggio d’azione di 20 metri, è la scommessa che permette a Conte di mettere a tacere le malelingue e che gli consente di tornare a respirare una ventata di aria fresca.
Breve analisi tattica della variazione interista
Nelle immagini sottostanti possiamo notare come l’Inter abbia cambiato il modo di interpretare e di approcciarsi alle proprie gare. Nell’istantanea collocata a sinistra possiamo osservare il noto “rombo di centrocampo”, con il vertice posizionato in “basso”. Brozovic è infatti chiamato a supportare la difesa ed è coinvolto nella costruzione della manovra.
Nel secondo caso, invece, possiamo scorgere la presenza della medesima figura geometrica nonostante essa sia completamente ribaltata. Quest’immagine si riferisce al modulo che l’Inter ha adottato prima del recente cambiamento. Barella infatti agiva da apice del rombo, spostato in avanti di almeno 20 metri: il suo compito era quello di innescare gli attaccanti, non quello di difendere.
Cambia il modulo ma non variano gli interpreti
I quesiti che agitano le acque dell’ambiente interista sono tanti e soprattutto complessi. Questi riguardano la gestione del gruppo-squadra (perché Nainggolan ed Eriksen non vengono impiegati?), la guida dei singoli uomini ed anche il comportamento che il tecnico stava tenendo da un paio di mesi a questa parte.
Perché il mister sembrava aver perso la cattiveria che lo aveva sempre contraddistinto? Conte cambia modulo: si adatta o torna ad essere ancora più saldo sulle proprie convinzioni? Eriksen è stato imposto perché visto come un’occasione di mercato?
Il nativo di Lecce sembrava aver smarrito la propria cattiveria agonistica, sembrava essergli venuto a mancare il proprio spirito guerriero. Questo suo atteggiamento aveva anche influenzato i calciatori in campo, lontani dall’avere la “solita” grinta. Dopo la gara con il Sassuolo, però, il tecnico si è presentato ai microfoni dei giornalisti con fare estroverso, senza peli sulla lingua e pronto a lanciare frecciate a dirigenti e società. Forse l’Inter sta ritrovando il proprio condottiero.
E’ un caso che questa “ripresa” coincida con il ritorno del tanto caro 3-5-2? Conte, additato come testardo da stampa e supporters, ha palesato che le idee, lontane dalle proprie ed imposte dall’alto, con lui non possono funzionare. Ecco il motivo per il quale ora sembra essere “tornato in sé”. Egli ha dimostrato che i metodi di lavoro debbano essere i suoi e che nessuno possa imporgli alcuna scelta. Arriviamo, dunque, alla risoluzione del puzzle: Eriksen è un giocatore fenomenale e Conte lo sa. Però, per il modo di approcciare il match, le caratteristiche del danese non si sposano con quelle del mister.
I punti di forza della “gestione salentina”
Ecco dunque spiegato indirettamente perché l’allenatore schieri sempre i “fedelissimi” (Vidal, Gagliardini) e perché non riesca a cambiare interpreti nemmeno a gara in corso. La testardaggine e la scarsa propensione al cambiamento sono certamente due suoi grandi limiti che però, lo scorso anno, stavano diventando la forza dell’Inter e stavano per portare alla vittoria di un trofeo intercontinentale. Indubbiamente servirebbe più rispetto nei confronti di professionisti come Nainggolan ed Eriksen ma certamente il coach ha dimostrato, in anni di carriera, di saper svolgere il proprio lavoro egregiamente e di essere riuscito sempre ad unire e a motivare i propri ragazzi.
La stagione è ancora lunga ma mai si è visto uno sviluppo complesso della trama di gioco, quando Conte si è seduto sulla panchina di un Club. Dinamismo, atletismo, forza fisica, grinta ed idee forti sono i cavalli di battaglia dell’uomo pugliese. Quest’ultimo dovrà dimostrare, nel poco tempo a disposizione, di valere i 12 milioni di contratto annuali che la società è stata disposta a concedergli in sede di firma sul contratto.