Questa è una delle storie più folli mai viste in un campo di calcio. Questa è la storia di Delio Rossi e della folle lite con Adem Ljajic. Corre la stagione 2011-2012, la Fiorentina naviga in acque non molto serene. Dopo l‘esonero di Mihajlovic avvenuto il 6 novembre 2011, approda al timone dei viola Delio Rossi. Il tecnico italiano forte di una grande eperienza in Serie A arriva con un obbiettivo, quello di risalire la classifica e ridare vita a un ambiente scoraggiato. Purtroppo il cambiamento non porta i risultati sperati, e dopo una sonora sconfitta casalinga, il 17 marzo per 0-5, contro i rivali juventini, il clima si fa veramente teso.
Delio Rossi perde le staffe
Tra molti bassi e pochi alti arriviamo al 2 maggio 2012, la partita è Fiorentina-Novara. I toscani navigano in cattive acque, solo a più 6 punti dal terzultimo posto. I piemontesi invece sono al penultimo, virtualmente già retrocessi. Al minuto 30 del primo tempo, però, i viola sono sotto per 2 a 0, e la tensione sale alle stelle. Con Stevan Jovetic infortunato la coppia d’attacco è costituita dal duo Cerci-Ljajic, che però pare non essere molto in palla. Il tecnico della Fiorentina allora decide di cambiare subito le cose, fuori l’attaccante serbo, e dentro Ruben Oliveira. Adem non la prende molto bene, e al ritorno verso la panchina fa chiari gesti di disapprovazione e di scherno nei confronti dell’allenatore. Oltre a questo sembra dirgli qualcosa, al quale Rossi reagisce. L’allenatore perde le staffe e aggredisce il giocatore, lo spinge sui seggiolini della panchina, scivola anche lui e inizia a prenderlo a pugni. La scena è assurda, nessuno crede a quello che vede. Al termine della zuffa l’allenatore si ricompone e finisce la partita.
Conferenza stampa dell’allenatore
Dopo essersi scusato l’allenatore dirà, «In questi giorni ho visto molti moralisti, molti perbenisti che si sono permessi di dare dei giudizi senza aver vissuto la situazione, senza sapere la storia di un uomo, senza sapere di chi parlavano».
Poi continua, «Su due-tre punti fermi non transigo: il primo è il rispetto della mia persona, il secondo è il rispetto del mio lavoro, terzo è il rispetto della squadra che alleno… e soprattutto il rispetto della mia famiglia: se toccano questi sentimenti, allora non va bene».