Il nuovo appuntamento con la nuova rubrica “Diamo i numeri”, targata 11contro11 mette in scena una sorta di derby d’Italia. Infatti, dopo aver rivissuto insieme i numeri 8 della Juventus, adesso toccherà all’Inter, ripercorrendo le gesta dei propri numeri 10. Un numero di maglia da sempre affascinante e suggestivo per tutti quelli che amano questo sport. Un numero già trattato con la Fiorentina e “raddoppiato” rispetto al precedente appuntamento sempre dedicato ai nerazzurri. Nella storia del club meneghino, inutile specificarlo, sono stati tanti i numeri 10 illustri, ma anche coloro i quali hanno ereditato questa pesante maglia quasi per caso.
I numeri 10 dell’Inter prima del 1995
Come ribadito in più di un’occasione, la numerazione personalizzata per i calciatori, in Italia, è stata introdotta dal 1995. Prima di allora i numeri 10 di qualsiasi club, non solo dell’Inter, erano solitamente i calciatori di maggiore talento e fantasia. Dalla trequarti campo a tutto il fronte d’attacco, i giocatori che indossavano questa maglia hanno sempre creato più di un grattacapo alle difese avversarie. Nel caso dei nerazzurri, il primo di cui si ha effettivamente memoria è Renato Miglioli, il quale l’ha indossato all’inizio degli anni ’50. Tra i suoi immediati successori, poi spiccano Giovanni Invernizzi e lo svedese Lennart Skoglund, entrambi vincenti nelle prime Inter del dopoguerra.
Numeri d’alta classe ed eleganza in campo: sono queste le parole che hanno contraddistinto l’epopea di Luis Suarez all’ombra della Madonnina. L’acquisto del fantasista spagnolo ha consentito al Barcellona, proprietaria cedente del cartellino, di costruire il terzo anello dello stadio Camp Nou. Dal canto proprio, l’apporto del Pallone d’Oro del 1960 fu fondamentale per la grande Inter di Angelo Moratti ed Helenio Herrera. Per lui 55 gol in 329 partite, che hanno portato in bacheca 3 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni e altrettante Coppe Intercontinentali. Circa dieci anni più tardi sarebbe toccato al suo compagno di squadra Sandro Mazzola indossare la fatidica numero 10, dopo alcune stagioni di “interregno”.
L’era di Beccalossi e Matthaus
Tanti altri sono stati giocatori ad aver indossato la numero 10 nelle stagioni successive, ma meritano una menzione particolare alcuni di questi, per ogni decennio. Nei primi anni ’80 è brillata la stella nerazzurra di Evaristo Beccalossi, delizia ma anche croce di un’Inter che ha raccolto meno di quanto avrebbe probabilmente meritato. I suoi 30 gol in 157 presenze complessive hanno portato alla vittoria di uno Scudetto e una Coppa Italia, ma la sensazione dei tifosi, che lo hanno sempre amato e stimato, è che avrebbe potuto avere maggiore fortuna. Memorabile, in negativo, anche il match contro lo Slovan Bratislava in cui sbagliò due rigori nella stessa partita.
Nell’Inter dei record guidata alla vittoria del tricolore da Giovanni Trapattoni si sono distinti tanti giocatori, e tra questi ben tre hanno indossato il numero 10: Gianfranco Matteoli, Andrea Mandorlini, il beniamino dei tifosi Nicola Berti e Lothar Matthaus. Quest’ultimo, in particolare, è tutt’oggi uno dei giocatori più amati nella storia della società meneghina, per il suo grande carisma e capacità di essere leader dentro e fuori dal campo. A tutto ciò, ovviamente, va è unita una tecnica sopraffina e la prorompenza in tutte le zone del campo. Nei primi anni ’90, poi, hanno chiuso il cerchio dei numeri 10 “a rotazione” dell’Inter il russo Igor Shalimov e il grande rimpianto Dennis Bergkamp, che dopo tanti problemi a Milano fece le fortune dell’Arsenal negli anni seguenti.
I numeri 10 dell’Inter dopo il 1995
Il primo tra i numeri 10 “certificati” della storia dell’Inter è stato Benito Carbone, talento mai totalmente realizzato del nostro panorama calcistico ma che molto bene ha fatto in Premier League. Dopo di lui ha avuto inizio un’epopea di grandi stelle, con quella di Luis Nazario de Lima, o più semplicemente Ronaldo, il “fenomeno”, a fare da apripista. Il fuoriclasse brasiliano ha indossato questa maglia solo nella sua prima stagione nerazzurra, prima di passare al 9.
Nel mentre, tuttavia, il due volte Pallone d’Oro ha trascinato i suoi a suon di giocate irripetibili alla vittoria della Coppa Uefa del 1998 e a sfiorare il campionato nello stesso anno, in occasione del celeberrimo episodio del mancato rigore a favore che l’ha visto coinvolto con Mark Iuliano nel match contro la Juventus. La scelta di lasciare il numero 10, poi, è stata dettata anche dall’arrivo al club di Massimo Moratti di un altro grande campione: Roberto Baggio. Il “divin codino”, tuttavia, non è mai riuscito a esprimere pienamente il proprio potenziale in nerazzurro, anche a causa delle divergenze con Marcello Lippi. Ad ogni modo, anche nel suo caso, non sono mai mancate le giocate di alta classe.
Dopo il fantasista veneto è toccato a Clarence Seedorf indossare la maglia numero 10, ma nonostante tante ottime partite, alla fine il centrocampista si è trasferito sull’altra sponda dei Navigli in cambio di Francesco Coco, diventando uno dei trascinatori nei successi del Milan di Carlo Ancelotti. Su questo numero si scatena, quindi, una sorta di maledizione, in quanto lo indossano giocatori che faticano ad avere fortuna con la compagine nerazzurra. Gli anni successivi, infatti, passa sulle spalle di Domenico Morfeo, che tanto bene aveva fatto nelle realtà di provincia, non riuscendo però a ripetersi nell’Inter di Hector Cuper, e Stephane Dalmat. Tra questi non va dimenticato il senegalese Khalilou Fadiga, mancato interista a causa di problemi cardiaci, che avrebbe dovuto indossare proprio quel numero.
Anni 10: da Adriano Wesley Sneijder
A ricominciare la buona tradizione dei numeri 10 dell’Inter ci pensa il “figliol prodigo” Adriano Leite Ribeiro. L’attaccante brasiliano giunge come promessa nel 2001, e incanta tutti con la sassata su punizione rifilata al Real Madrid, in amichevole, al Santiago Bernabeu, e decidendo il match interno contro il Venezia, poche settimane più tardi, col numero 28 sulle spalle. Dopo la progressiva crescita tra Firenze e Parma, l’attaccante torna a Milano nel gennaio 2004, trascinando i suoi alla qualificazione in Champions League. La stagione successiva imprime il proprio doppio sigillo sulla vittoria della Coppa Italia contro la Roma.
Nell’inverno del 2005, poi, dopo aver segnato altri gol decisivi, comincia la parabola discendente, con le prestazioni influenzate da tanti problemi personali che ne intralciano il cammino professionale. Continuerà a segnare e a regalare gol pesanti, ma di fatto sia Roberto Mancini che José Mourinho, pur provando di tutto per recuperarlo mentalmente, non riescono a farlo tornare il fuoriclasse di un tempo. Ad oggi, per molti supporters, resta uno dei più grandi rimpianti per il club nerazzurro. Dopo la brevissima parentesi Zlatan Ibrahimovic, passato dall’8 al 10 nell’estate in cui decide di partire in direzione Barcellona, ci pensa il trequartista Wesley Sneijder a fare “dimenticare” sia il brasiliano che lo svedese.
Giunto dal Real Madrid per completare la rosa dell’Inter 2009/2010, che invano aveva cercato il portoghese Deco, il giocatore arriva pochi giorni prima del derby contro il Milan. L’allenatore portoghese lo lancia subito in campo e lui gioca una partita spettacolare, mostrandosi a proprio agio nella squadra che schianta 0-4 i rossoneri. Il resto è storia: quell’Inter a fine stagione diventa la prima squadra italiana a vincere il Triplete, anche grazie a Sneijder, autentico trascinatore.
Anni 20: da Kovacic a Lautaro Martinez, passando per Jovetic e Joao Mario
Dopo l’addio dell’olandese ai nerazzurri, il numero 10 rivive un altro periodo di “crisi”. Il primo a indossarla dopo Sneijder, infatti, è un giovane Mateo Kovacic, che in nerazzurro non riesce mai a trovare la giusta collocazione in campo. La sua cessione al Real Madrid per 35 milioni di euro riempie le casse societarie e dà inizio a un cammino personale di tante vittorie nazionali e internazionali, in Spagna e col Chelsea, per il croato. La svolta sembra arrivare con l’approdo di Stevan Jovetic, ex Fiorentina in cerca di riscatto dopo la sfortunata esperienza al Manchester City.
L’inizio è promettente, con due reti decisive nelle prime due partite, ma alla lunga anche il montenegrino si perde per strada. Nel 2017, a sorpresa, il numero 10 passa sulle spalle di Joao Mario. Il portoghese, all’epoca, si era rivelato non solo l’acquisto più costoso della storia del club, ma anche uno dei più grandi flop della prima Inter della gestione Suning. Questa scelta di numero era stata dettata anche dalla necessità di recuperarlo psicologicamente, ma alla fine non si è ottenuto l’effetto sperato, col giocatore mandato in prestito in giro per l’Europa, fino alla rescissione nell’estate del 2021.
Il numero 10 del presente: Lautaro Martinez
Nel frattempo però, mentre Joao Mario girava per l’Europa, dall’estate del 2018 il numero 10 ha cambiato proprietario, passando sulle spalle di Lautaro Martinez. Dopo una prima stagione di rodaggio, in cui comunque ha modo di dimostrare ottime qualità, con l’arrivo di Antonio Conte l’attaccante argentino esplode definitivamente. Lui e Romelu Lukaku formano una coppia rodata e difficile da contenere per le difese avversarie, al punto di totalizzare 40 reti e 19 assist tra le varie competizioni.
Il momento più difficile è quello vissuto a inizio 2020, quando le sirene di mercato provenienti da Barcellona lo fanno perdere per strada. Il momento migliore, invece, è quello vissuto nell’arco della scorsa annata, la sua migliore a livello personale, con la vittoria dello Scudetto e della Coppa America con l’Argentina. Il tutto in attesa del rinnovo di contratto con i nerazzurri, con vista su una stagione che ha ancora molto da dire. Un numero 10 non può contenere la propria fame di vittorie. E anche per lui, certamente, vale lo stesso discorso.