La rubrica “Diamo i numeri”, targata 11contro11, dedica un nuovo appuntamento ai numeri 9 di uno dei club più blasonati del nostro campionato: l’Inter. Questo, come risaputo, è da sempre il numero che contraddistingue il centravanti puro, il bomber capace di trascinare la propria squadra, a suon di gol, alla vittoria di partite e trofei. Dopo aver visto quelli del Torino, della Fiorentina e del Parma, perciò, adesso si alza ulteriormente l’asticella, rivivendo la gesta dei campioni nerazzurro che hanno vestito questa maglia ma anche dei cosiddetti flop che, perciò, non hanno reso quanto ci si aspettasse.
I numeri 9 dell’Inter prima del 1995: genio e sregolatezza
Quello nerazzurro, per i propri tifosi ma anche per gli addetti ai lavori. non è mai stato un club banale, sia nella vittoria che nella sconfitta. Ne sanno qualcosa quelli che all’Inter hanno vestito il numero 10, ma anche i numeri 2 e i numeri 5, e, di conseguenza, anche i numeri 9. Il primo di cui si ha memoria è stato Benito Lorenzi, noto a tutti come “veleno” per il carattere irriverente con il quale provocava gli avversari all’interno del rettangolo di gioco. Molta sregolatezza ma anche un’infinita classe, visti i 138 gol realizzati in 305 partite giocate.
Discorso analogo a quello di Lorenzi vale per Antonio Valentin Angelillo, uno dei tre “angeli dalla faccia sporca, insieme a Omar Sivori e Humberto Maschio. Grande tombeur de femme fuori dal campo, bomber implacabile nel campo, l’italo-argentino non è riuscito a mettere in bacheca nessun trofeo con i nerazzurri, ma ha ottenuto un record resistito fino al 2016 di 33 reti in una sola stagione, prima che il connazionale Gonzalo Higuain lo superasse con 36.
Anche dagli anni ’60 in poi i 9 dell’Inter sono sempre stati giocatori che hanno lasciato il segno. Nella formazione allenata da Helenio Herrera, che vinse tutto quello che era possibile all’epoca, furono Aurelio Milani e Joaquin Peiró ad alternarsi con questo numero. Il primo mise a segno 7 reti in 29 presenze, il secondo 8 in 25 apparizioni. Ma tutti ricordano il gol di rapina nella incredibile rimonta sul Liverpool, che di fatto spianò la strada verso la vittoria della Coppa dei Campioni del 1965.
Da Boninsegna ad Altobelli, passando per Mazzola e Anastasi
Gli anni ’70 sono stati contraddistinti da altri importanti numeri 9 in casa Inter, come Sandro Mazzola, già appartenente alla rosa del decennio precedente, e soprattutto Roberto Boninsegna. Cresciuto nel settore giovanile nerazzurro, dopo qualche anno di gavetta entra nel giro della prima squadra, diventandone punto fermo e marcatore letale sotto porta. Per lui 113 gol in 197 presenze, le quali, tuttavia, hanno portato un solo Scudetto in bacheca. In particolare i tifosi meneghini mal digerirono lo scambio che portò lui alla Juventus e Pietro Anastasi all’ombra della Madonnina. Quest’ultimo, infatti, non rese mai come in bianconero, mentre Boninsegna vinse altri due tricolori, una Coppa Italia e una Coppa Uefa.
Nelle stagioni successive, invece, toccò ad Alessandro Altobelli tenere alto l’onore della 9 dell’Inter. Le 128 realizzazioni in 317 partite del campione del mondo a Spagna 1982 portarono nella bacheca nerazzurra lo Scudetto del 1980 e 2 Coppe Italia. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, in coincidenza con il tredicesimo successo in campionato e l’affermazione in Coppa Uefa del 1991, furono diversi i calciatori con la 9 sulle spalle, ma su tutti si distinsero il tedesco Jurgen Klinsmann e l’argentino Ramon Diaz. Il primo, in particolare, totalizzò 34 reti in 95 presenze, il secondo 12 in 33, l’anno dello Scudetto.
I contrastanti anni ’90
Per i numeri 9 dell’Inter l’ultimo decennio prima dell’avvento del terzo millennio è stato contraddistinto da un’altalena di campionissimi e flop clamorosi. Nel primo caso non si possono non citare il macedone Darko Pancev, causa di diverse disperazioni tra i supporters nerazzurri per i clamorosi col sbagliati, o il russo Igor Shalimov, colonna del Foggia di Zdenek Zeman, decisamente meno incisivo col club meneghino.
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Parentesi Nicola Berti a parte, decisamente sfortunate anche le esperienze di un giovane Marco Delvecchio e di Maurizio Ganz. Entrambi, pur avendo segnato spesso, non si sono mai consacrati del tutto, trovando poi maggiore fortuna, qualche anno più tardi, alla Roma e al Milan. Il bomber di Tolmezzo, inoltre, è stato il primo in assoluto ad indossare la 9 dal 1995 in poi, anno dell’introduzione della numerazione personalizzata. Il suo diretto successore, poi, è stato Felice Centofanti, altra meteora nerazzurra, prima dell’inizio di un’epopea di grandi bomber.
Il primo, significativo numero 9 dell’Inter targata Massimo Moratti è stato il cileno Ivan Zamorano, autore di 26 reti in 101 presenze. Non tantissime, ma alcune decisamente pesanti, come nella finale di Coppa Uefa del 1998, vinta contro la Lazio, a Parigi, per 3-0. In seguito, poi passa a un iconico e irripetibile 1+8, in modo da lasciare la 9 a colui il quale, a detta di molti, è stato il giocatore più forte di tutti i tempi a vestire la maglia nerazzurra: Luis Nazario De Lima, o più semplicemente Ronaldo “il fenomeno”. Entrambi, tuttavia, nonostante i numerosi gol realizzati, hanno raccolto meno di quanto avrebbero potuto, non andando oltre il succitato successo al Parco dei principi.
I numeri 9 del 2000: tra tango e vittoria nel dna
Dopo l’addio del brasiliano il 9 resta ancora in Sudamerica, con l’inizio del periodo argentino, inaugurato da Hernan Crespo con 7 reti in 18 apparizioni. Un periodo quasi da meteora che verrà ampiamente riscattato dal 2006 in poi, quando, dopo le parentesi Chelsea e Milan, torna a Milano sponda nerazzurra, vincendo 3 Scudetti e una Supercoppa Italiana, ma col numero 18 sulle spalle. Nel frattempo, infatti, la 9 passa al suo connazionale Julio Cruz.
Arrivato quasi in sordina dal Bologna nel 2003, “el jardineiro” riuscì a conquistare il cuore dei nuovi tifosi sin da subito, con sua serietà, la capacità di farsi trovare puntuale all’appuntamento col gol anche da subentrato, e soprattutto per i tanti gol rifilati agli eterni rivali della Juventus. Con le sue 49 reti in 130 apparizioni ha contribuito alla vittoria di 4 Scudetti, 2 Coppe Italia e 3 Supercoppe Italiane. Entrambi, tuttavia, hanno lasciato Milano nel 2009, in coincidenza con l’arrivo di un altro grande campionissimo. Un giocatore che, col 9 sulle spalle, avrebbe riportato la Champions League nella bacheca nerazzurra, nonché il primo Triplete della storia realizzato da una squadra italiana: Samuel Eto’o.
Il camerunense giunge all’ombra della Madonnina nella maxi operazione che vede l’addio di Zlatan Ibrahimovic in direzione Barcellona. In molti ritenevano che l’ex blaugrana fosse giunto in nerazzurro per godersi l’ultimo, importante contratto della propria carriera. Pensieri maligni smentiti dai fatti: nella prima stagione il suo carisma, lo spirito di sacrificio nel giocare anche da terzino aggiunto e 16 reti complessive portano quel quid che mancava per compiere il salto definitivo. La stagione successiva, poi, regala a sè stesso e ai tifosi 37 reti che valgono il Mondiale per club, la Supercoppa Italiana e la Coppa Italia.
I numeri 9 della storia recente
L’ultimo decennio, dopo l’addio di Eto’o, non è partito nel migliore dei modi. La numero 9 dell’Inter, infatti, torna a parlare sudamericano, con l’avvento di Diego Forlan. L’attaccante, assoluto protagonista, tra le altre, con Manchester United e Atletico Madrid, a Milano arriva senza poter disputare le coppe europee per un errore della dirigenza al momento del suo acquisto. A questo si aggiungono prestazioni non all’altezza per un giocatore giunto ormai al termine della propria carriera. Dopo un’annata senza numeri 9, arriva all’Inter un altro argentino, autentica rivelazione della Sampdoria ed ex canterano al Barcellona: Mauro Icardi.
A dispetto di tutte le note vicende e le polemiche per quanto fatto dentro e fuori dal campo, l’attaccante entra di diritto nella storia nerazzurra per aver segnato ben 124 gol in 220 partite, riportando l’Inter in Champions League dopo una stagione vissuta da capocannoniere in coabitazione con Ciro Immobile. Il tutto prima di essere messo fuori rosa e venduto al PSG, per fare spazio a un altro giocatore che avrebbe fatto, nella storia recentissima, le fortune nerazzurre: il belga Romelu Lukaku.
Fortemente voluto da Antonio Conte, l’attaccante viene prelevato dal Manchester United diventando l’acquisto più costoso della storia nerazzurra. La prima stagione è esaltante dal punto di vista personale, con 34 gol complessivi, ma scialba di titoli dopo il secondo posto in campionato a due punti dalla Juventus e la finale di Europa League persa contro il Siviglia. Il collettivo, tuttavia, cresce in esperienza e convinzione, e nella stagione 2020-2021 torna a vincere lo Scudetto, con Lukaku assoluto trascinatore con 24 reti in campionato.
Il 9 del presente: Edin Dzeko
La storia dei numeri 9 dell’Inter arriva, così, ai giorni nostri. Romelu Lukaku nell’estate 2021, complice anche l’addio del mentore Conte, decide di abbandonare la nave nerazzurra. L’offerta del Chelsea, infatti, convince in belga a salutare la compagnia, facendolo diventare, due anni dopo, la cessione più remunerativa della storia del club. Per rimpiazzarlo, l’Inter punta su un obiettivo sempre sfumato nel corso negli anni come Edin Dzeko.
L’attaccante bosniaco, nonostante le quasi 36 primavere, porta in nerazzurro tanta esperienza e feeling col gol. Infatti, nella prima parte di stagione, contribuisce con 11 reti e 5 assist al primo posto in campionato alla fine del girone d’andata e al ritorno agli ottavi di finale di Champions League dopo dieci anni di assenza. Nessuno di questi traguardi, ovviamente, si può mettere in bacheca. Ma almeno per il momento l’ex Roma non sta facendo rimpiangere il predecessore. La serietà e la professionalità messe a disposizione del mondo Inter sono valori che non hanno alcun prezzo.