E’ una notizia di qualche ora fa quella che ha scosso tutto il mondo sportivo: è morto Paolo Rossi. A darne il triste annuncio è stata la moglie Federica Cappelletti. Il fuoriclasse italiano, purtroppo, soffriva da tempo di un grave tumore ai polmoni. Ci lascia un eroe del calcio, il terzo pallone d’oro della storia italiana: l’universo del football non perde solo un grande attaccante ma piange anche la scomparsa di un incredibile uomo.
Negli occhi dei più grandi, sicuramente, sono impresse ancora le immagini del “suo” mondiale, quello del 1982 in Spagna. Il centravanti juventino, infatti, durante quell’afosa estate iberica, fece sognare tutti gli italiani. Il numero 20 azzurro risultò essere l’uomo decisivo per il raggiungimento della vittoria finale. Paolo Rossi, anche capocannoniere della manifestazione con 6 gol, gonfiò la rete “solo” nella fase finale, trascinando il proprio gruppo fino all’atto conclusivo di Madrid. Dopo i 3 gol rifilati al Brasile e i 2 alla Polonia in semifinale, il bomber toscano face valere la propria “legge” anche al Santiago Bernabeu, siglando il vantaggio per la nostra rappresentativa.
La storia di Paolo Rossi è una di quelle che vanno assolutamente raccontate: affascinante e allo stesso tempo emozionante, la sua è stata una vita impregnata di sacrifici e di forza di volontà. Il nativo di Prato dovette resistere agli infortuni, alle numerose bocciature e ad uno stop obbligato prima di poter sollevare il trofeo più importante per un calciatore.
La storia calcistica di Paolo Rossi
Paolo Rossi nasce calcisticamente nella Santa Lucia, squadra toscana di una frazione di Prato. A 12 anni approda alla Cattolica Virtus, una delle maggiori società fiorentine, dove cresce e grazie alla quale, quattro anni più tardi, riceve la chiamata della Juventus. I genitori, dopo l’iniziale scetticismo, decidono di far vivere il grande sogno al proprio ragazzo.
Numerosi infortuni bloccano la crescita del giovane attaccante, che, però, riesce ad esordire in Serie A con la maglia bianconera. Il numero 9 non convince la società, che lo cede in prestito, prima al Como e poi al Lanerossi Vicenza, in comproprietà. Proprio in Veneto “Pablito” vivrà il proprio riscatto personale: guiderà a suon di gol la squadra. Prima ad una promozione in Serie A e poi al secondo posto nella massima categoria italiana. Entrambe le annate le concluderà da capocannoniere dei rispettivi tornei.
La Juventus non crede comunque in lui e lo cede a titolo definitivo al Vicenza. Il centravanti prova a non scoraggiarsi ma subisce un fisiologico calo di prestazioni: prima con la maglia bianco-rossa e poi anche con il Perugia, sua successiva formazione. Nel 1980, incredibilmente, viene accusato di aver “truccato” una gara di campionato: questo gli causa l’esilio dai campi da gioco. La CAF, infatti, lo estromette dal calcio per ben due anni. Sul suo coinvolgimento non c’è mai stata vera chiarezza ma Paolo Rossi, in questo istante, tocca il punto più basso della propria vita professionale.
La rinascita e la gioia “mondiale”
Il calciatore torna sulla scena calcistica italiana solo nel 1982 grazie alla chiamata, arrivata dodici mesi prima, del presidente juventino Boniperti. Il capocannoniere del Vicenza in B ed A, rientra in campo pochi mesi prima del “suo” mondiale, novanta giorni prima del 3° titolo iridato della nostra storia.
Purtroppo molti di noi erano piccoli, o non erano ancora nati, quando Paolo Rossi gonfiò le reti spagnole e i cuori di tutta Italia. Enzo Bearzot, CT di quella nazionale ricca di campioni, lo preferì a Pruzzo, molto più quotato tra stampa e tifosi poiché miglior marcatore dei due precedenti campionati. Il centravanti ripagò il proprio allenatore come solo i grandi campioni sanno fare: caricandosi il peso della squadra sulle spalle e concretizzando gli assist dei compagni.
Brasile, Polonia e Germania: il conto alla rovescia verso il titolo
Contro il Brasile il nostro n°20 fece registrare la tripletta più importante della storia della nazionale italiana. Grazie all’istinto del bomber d’area, di colui che sa leggere le situazioni e riesce a trovarsi nel posto giusto al momento giusto, il ragazzo toscano spinse in rete gli assist di Cabrini e Tardelli. Durante il match l’attaccante siglò il gol più iconico di quel Mondiale: dopo il calcio d’angolo di Conti, infatti, la difesa brasiliana rimpallò la minaccia sui piedi di Tardelli che, di prima intenzione, calciò verso la porta. Sulla traiettoria, che si sarebbe forse spenta sul fondo, vi si trovò l’uomo della provvidenza, che spinse il pallone in fondo al sacco. Certamente il gol del 3-2, che ci qualificò alla semifinale, fu quello che, ai nostri beniamini, donò la consapevolezza di poter vincere il trofeo.
Dopo aver superato il “mini-girone” con Argentina e Brasile, l’Italia affrontò la Polonia al Camp Nou. I ragazzi di Bearzot, nonostante le fatiche “sudamericane”, non sembrarono mai privi di lucidità e cinismo. A guidare il gruppo ci fu il “solito” Paolo Rossi: infallibile e spietato mattatore di serata. Prima con un gol da vero “rapinatore d’area”, poi siglando il 2-0 con il suo marchio di fabbrica: il colpo di testa, su assist di Conti.
Dopo un attesa durata 44 anni, la nostra nazionale andò a giocare il fatidico atto finale della competizione mondiale. In Italia, quella notte, non si chiuse un solo occhio: la realtà vissuta a Barcellona fu migliore anche del più incredibile sogno.
Campioni del Mondo
11 Luglio 1982, Madrid, stadio Santiago Bernabeu. La corsa degli azzurri giunge alla fine, all’ultima impresa di una fantastica favola sportiva. Dopo il netto successo contro la Polonia, la paura di soffrire la cattiveria e fisicità tedesca è tanta. Arrivati a 90′ dalla realizzazione del sogno, i nostri ragazzi sanno che un intero popolo correrà insieme a loro sul prato dell’arena iberica.
La gara sembra stregata, soprattutto quando Cabrini sbaglia il rigore del possibile 1-0. L’Italia però è conscia della propria forza, sa che la Coppa sta aspettando solo ed unicamente lei. Al 57′, infatti, Paolo Rossi riceve un cross in mezzo all’area e di testa batte Schumacher. La Finale è un assolo italiano: la Germania, all’83’, segna il gol della “bandiera”, perché i nostri ragazzi già avevano siglato il raddoppio ed il tris, prima con il gol di Tardelli, seguito dalla corsa entrata nella storia del nostro popolo, e poi con Altobelli. L’arbitro fischia tre volte, stiamo aspettando solo quello. 50 mila bandiere con il nostro tricolore sventolano in aria e i milioni di telespettatori italiani, abbracciati, piangono. Siamo Campioni del Mondo.
Paolo Rossi: il grande uomo fuori dal campo
La vita di Paolo Rossi è stata sempre segnata da momenti di alti e bassi, eppure questo grande campione sarà immortale, perché le sue reti ed il suo sorriso sono entrati nei cuori di tutti i tifosi. Paolo è riuscito ad essere l’uomo del popolo, ha saputo usare l’umiltà come arma più potente fra tutte. Vincitore del pallone d’oro, capocannoniere di svariate stagioni italiane e del Mondiale, il numero 9 bianconero non ha mai smesso di coltivare le proprie passioni.
Egli possedeva infatti un agriturismo in provincia di Arezzo, dove abitava; aveva partecipato svariate volte, come opinionista, a trasmissioni calcistiche su Sky, Premium e Rai; ma forse la perla più grande del suo post-carriera era stata quella di prestarsi ad opere di beneficienza. Fenomeno in campo e campione fuori dal terreno di gioco, l’eroe dell’82 si è dedicato agli altri ed ha saputo stare lontano dalle luci dei riflettori. Ha contribuito attivamente alla campagna dell’ONLUS, nel 2007, per aiutare i bambini cardiopatici nel mondo, è stato testimonial della FAO nel 2009. Ha partecipato al progetto “un mese per l’affido” in aiuto ai ragazzi in difficoltà e ha collaborato con il Don, e grande amico, Paolo De Grandi, per raccogliere fondi da destinare ai bambini palestinesi.
Paolo ha saputo utilizzare nel migliore dei modi la propria immagine per fare del bene. Ha saputo imparare dai propri incidenti di percorso: ne ha tratto degli insegnamenti ed è stato un grande uomo, oltre che un grande calciatore. Per questo, per sempre, si distinguerà dagli altri. Non è che non gli importasse di cadere, ma certamente non ne aveva paura. Per questi e per mille altri motivi, il vuoto che ha lasciato dentro di noi sarà colmato dalle gioie che sempre ci ha saputo donare. Con grande amarezza, oggi, sappiamo di aver perso un Grande. Grazie Paolo.