Ibra: “Nulla è come il Milan. Solo Maradona meglio di me”

0

Ibra: “Nulla è come il Milan. Solo Maradona meglio di me”. Questo è solo un estratto della lunga intervista rilasciata a Sportweek da Zlatan Ibrahimovic in cui si racconta e spiega il suo egocentrismo oltre ad altri dettagli della sua carriera. 

Ibra: “Nulla è come il Milan. Solo Maradona meglio di me”

Ibrahimovic inizia l’intervista parlando della sua filosofia di vita e del suo essere: “Sono egocentrico, se non avessi messo il mio io davanti a tutto non sarei qui. C’è solo un Ibra, no? Io. Ma nella mia vita, fuori dal campo, adesso prima di me ci sono i miei figli. Maximilian e Vincent vengono prima di tutto, ovvio. E il mio conto in banca, no scherzo!”. L’attaccante prosegue poi parlando della sua attuale squadra: Ho giocato in tanti club e ho rispetto per tutti i miei club. Grandi ricordi. Ma il Milan è il club dove mi sento a casa. Vado a Milanello ogni mattina e non ho fretta di tornare a casa, perché sono a casa. Mi sono sentito così la prima volta che sono venuto al Milan, era il 2010. Con Galliani e Berlusconi, con la squadra, tutti quelli che lavoravano li, c’era un altro feeling, un’altra atmosfera. Ti facevano sentire a casa. “Sei a casa tua, fai quello che vuoi però devi portare i risultati”. Questo mi piaceva perché potevo essere me stesso e allo stesso tempo giocavo per uno dei club più grandi al mondo. Per questo per me il Milan è il top of the top. A Milano ho tanti amici, non sarà strano per me viverci anche quando avrò smesso di giocare: in questi dieci anni è cresciuta tanto, è molto internazionale, mi piace. E mi spiace per questo Covid-19″.

Maradona e i migliori compagni

L’attaccante del Milan, Zlatan Ibrahimovic, elogia poi Maradona e racconta dei migliori compagni che ha avuto: “Ne scelgo undici per grandezza o per affetto. Quelli che mi hanno dato qualcosa. Ibra Ibra Ibra… No, faccio il serio: in porta c’è Buffon. Il più forte. Alla Juve abbiamo passato bei tempi. Quella era una squadra speciale, il mio primo top club. Maxwell terzino sinistro, è mio amico. Poi se mettiamo animali, Nesta e Cannavaro centrali: quante risate con Fabio, mi portava a Napoli in scooter, era matto…ma io di più. Io ero giovane, non avevo esperienza, Cannavaro e Thuram ne avevano troppa…Sarebbe bello giocare con loro oggi, ora sarebbe diverso. Terzino destro, Maicon: quando è arrivato non era considerato così forte come è diventato poi all’Inter: tre anni molto belli. Poi Nedved numero uno, lui mi ha migliorato più di tutti, di testa e nel mio gioco. Quando ho visto lui ho capito che quello che stavo facendo non bastava, dovevo fare di più. Nedved è una macchina di lavoro: lavorava prima, durante e dopo l’allenamento. Fuori di testa. Poi Vieira e Xavi. Quel Barcellona era una macchina di fenomeni: primi sei mesi top, poi per colpa dell’allenatore io non stavo bene. L’attacco è facile: Zidane trequarista, quando entrava in campo lui faceva diventare tutti gli altri Zidane. Ronaldo il Fenomeno, è il mio idolo. E Maradona, perchè è il più forte di tutti i tempi. Sì, lui era più forte anche di me. Io questa volta sono allenatore, e un giorno chissà se lo sarò davvero”. 

La vittoria è la mia droga 

Ibra, oltre al Milan, parla di quanto sia importante per lui vincere e di quanto ritenga indispensabile la vittoria in ogni situazione: “La vittoria è la mia droga. È difficile spiegare, però quando sono in campo io devo vincere. A tutti i costi, ma sempre. Ho un rating di vittorie in allenamento, nelle partitelle, del 95 per cento. Non è una bugia. Quando perdo si vede, ma non capita spesso perché non perdo. Sono troppo fissato di vincere, ma troppo. Forse si è capito anche con la squadra, come nel pareggio col Parma: forse sei mesi fa sarebbero stati contenti, invece stavolta erano tutti incazzati e il giorno dopo lo erano ancora. Così deve essere. In assoluto, droga è una parola brutta. La gente che si droga è gente debole. Quelli che hanno tutto e si ammazzano non li rispetto, In strada c’è gente che non mangia, dorme sotto i ponti e non molla, perché è forte. Ho vinto in tutti i club dove ho giocato, ma quest’anno col Milan è di sicuro la sfida più bella e più difficile della mia carriera. E vediamo come finirà, perché se mi torna qualcosa sarà la vittoria più bella, il meglio che ho fatto. Non ho paura di sognare che possiamo riuscirci”.

Il pallone d’oro

Lo svedese racconta anche la sua visione sul pallone d’oro e di quanto non lo ritenga indispensabile:Non cambierei i miei 12 Guldbollen per uno di France Football. Perché per me significano continuità. Ho visto tanti che hanno vinto Mondiale, Europeo, Champions League, anche il Pallone d’oro, hanno avuto un anno meraviglioso, fantastico, poi dopo sono spariti. Invece io sono nel game da 25 anni. Sempre al top. Sempre al top. Allora non cambio niente per una cosa, perché una cosa è come un k.o., un colpo fortunato, Questo non è un one lucky shot. C’è una grande differenza”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui