Abbiamo già trattato, in un precedente articolo, di come il ruolo del portiere sia cambiato nel corso degli anni. Questo è stato visto per decenni come un giocatore fermo, svincolato dall’onere di giocare con i piedi, di irrilevante importanza per la manovra e senza vincoli difensivi.
Oggi, però, è un giocatore completamente diverso, tanto da doversi considerare come un giocatore di movimento. Qual è la causa che ha determinato l’evoluzione dei suoi compiti in campo? Quanto è importante il portiere nell’economia del gioco, con e senza palla, nel calcio del 2021?
Nei prossimi paragrafi andremo a sviscerare questi punti, senza mai perdere il focus su una domanda: è giusto che il portiere giochi con i piedi?
Il portiere in costruzione
Negli ultimi anni, il portiere, tocca veramente molti palloni. La domanda sorge spontanea: come mai? Dal momento in cui siamo consapevoli che, in confronto a giocatori che ricoprono posizioni diverse, ha piedi meno delicati, perché è diventato così costante nel possesso?
La prima risposta viene data da un dato ben preciso. Il portiere è il giocatore che, solitamente, gode di maggior spazio e meno pressione avversaria. Statisticamente, gli attaccanti, vanno meno a caccia del pallone se questi è in possesso del portiere.
Questo perché se uscissero in pressione, e l’estremo difensore eludesse il pressing, la squadra in possesso godrebbe di un’importante superiorità numerica. Il difensore potrebbe costruire più liberamente, avendo un marcatore in meno che ormai si trova in una zona di campo saltata.
Immaginiamo poi che il difensore in questione avesse le qualità in costruzione di Bonucci ad esempio, potrebbe facilmente eludere anche la linea successiva, guadagnando spazio.
Esempi di costruzione
Come spesso abbiamo potuto notare, già dal calcio di rinvio, il portiere spesso non batte, ma si fa passare il pallone da un giocatore, che poi guadagna spazio o rimane a sostegno.
Questo proprio per il discorso effettuato in precedenza: il portiere, soprattutto se ha buone qualità, diventa un vero e proprio costruttore. Ha più spazio e liberamente può iniziare la manovra.
Altro aspetto interessante è in fase di palleggio in zona difensiva. Il portiere non è più passivo, ma attivo e utile al disbrigo del superamento della prima linea. Può farlo in diversi modi, ma tutti comprendono il suo spostamento dalla porta, in favore di una diversa zona.
Ad esempio, molti portieri si spostano lateralmente diventando un giocatore di sostegno, volto a garantire una soluzione in più per il possessore. Così facendo un giocatore di movimento non serve più che copra quella linea di passaggio, ma può andare ad occuparne un’altra.
Sembra una cosa da poco, una banalità, ma in un calcio serrato e sempre più scacchista liberare spazio anche grazie al portiere è un vantaggio enorme.
Altre volte, invece, quando la squadra in possesso di palla gioca nella trequarti offensiva, vediamo il portiere salire di molti metri fuori area. Questo per più motivi:
- il primo è di rendere corta la propria squadra;
- il secondo è di poter intervenire in caso di lancio in profondità sostituendo il difensore;
- il terzo è di poter diventare utile nel caso in cui, non trovando spazio, si voglia ricominciare senza perdere troppi metri.
Il portiere in fase di non possesso
Ok abbiamo capito che in fase di possesso l’utilità di un portiere che usi i piedi sia lampante: e in fase di non possesso? Anche! Se il portiere è una sicurezza a usare non solo le mani, tutta la squadra ne trae beneficio.
Pensiamo al Bayern Monaco, una squadra che può permettersi di tenere una linea difensiva alta perché dietro ha un portiere in grado di intervenire. Ormai quasi tutte le squadre cercano di utilizzare l’estremo difensore in questo modo.
Quest’ultimo può coprire spazi, intervenire e addirittura ricostruire, il tutto semplicemente guadagnando metri dalla propria porta.
Le critiche
Non a tutti piace questa nuova tipologia di funzionalità che assume il portiere. Qualcuno dice che, a favore di qualità tecniche con i piedi, si sia andati a discapito dell’abilità nel parare.
Altri pensano che sia troppo rischioso e preferirebbero che si limitasse a rimanere tra i pali. Quello che possiamo dire è che il calcio è in continua evoluzione, così come lo sono i ruoli. A tutti piace vedere il calcio estero e recriminare su quello italiano; a tutti piace trovare scusanti come la qualità dei giocatori.
Forse dovremmo soffermarci sul fatto che, più che doti tecniche, soldi e via dicendo quello che è mancato a noi è l’insegnamento nei settori giovanili di questo tipo di filosofia.
Perché è quello il posto in cui tutto ha inizio: la personalità del giocatore, il coraggio di sbagliare, la capacità di scegliere. Ora sembra che si stia cambiando rotta, a favore di una metodologia più incline all’utilizzo del portiere come un giocatore di movimento.
Il calcio moderno è liquido, così come lo sono le posizioni in campo. I giocatori ricoprono degli spazi e assumono funzionalità diverse in base alla fase di gioco. Perché dunque il portiere dovrebbe essere da meno?
Per ogni gol subito a causa di un errore individuale, quante azioni sono partite proprio da lui? Ovviamente non c’è una verità assoluta, e in ogni momento della partita può essere funzionale giocare la palla oppure no. Però riteniamo indispensabile, al giorno d’oggi, vedere il portiere interpretare il ruolo in maniera dinamica, moderna e coraggiosa.
I vantaggi sono superiori agli svantaggi, e questo è un dato di fatto.
Esempi
Se prendiamo le più grandi squadre europee, negli ultimi anni, hanno investito veramente molto denaro per acquistare il proprio portiere. Spesso, infine, se ci facciamo caso sono tutti bravi con i piedi: Allisson, Ter Stegen, Keylor Navas, Neuer, Ederson e potrei continuare per molto tempo. Che cosa accomuna tutti questi grandi portieri? Giocano in grandi squadre.
Anche in Italia questo processo si sta evolvendo in maniera sempre maggiore, basti pensare a come gioca Reina, o agli smarcamenti veramente interessanti di Donnarumma.
Abbiamo visto qualche errore di troppo, sì, questo è vero, ma come per tutte le dinamiche e i cambiamenti c’è bisogno di un processo. Non solo di chi gioca ed è in campo, ma anche l’abitudine da parte di chi ne assiste.