Negli ultimi anni l’Italia ha sperimentato il doppio fallimento della mancata qualificazione ai Mondiali in Russia e Qatar, ma ce n’è un altro spesso sottovalutato, ma altrettanto poco edificante, ovvero la mancata partecipazione alle Olimpiadi. Complice l’orrendo cammino dei ragazzi dell’Under 21 allenati da Nicolato, culminata con l’eliminazione già nella fase a gironi, gli azzurri del calcio non prenderanno parte ai Giochi Olimpici per la quarta volta consecutiva.
Non solo dai Mondiali, l’Italia fuori anche dalle Olimpiadi: l’ultima volta fu a Pechino
16 agosto 2008: il Belgio a sorpresa elimina l’Italia allenata da Pierluigi Casiraghi ai quarti di finale del torneo Olimpico. Questa è la data dell’ultima partita disputata dagli azzurri alle Olimpiadi. 15 anni di assenza, in cui il movimento calcistico italiano ha sperimentato per altre tre volte la vergogna di mancare la qualificazione ai Giochi Olimpici. Uno score di cui non andare fieri che spesso è passato inosservato, ma che contribuisce nella descrizione di un movimento ormai in via d’estinzione. Come, del resto, ben testimoniano le due mancate partecipazioni agli ultimi Mondiali. Senza dimenticare le ultime due volte in cui ci siamo andati, con l’eliminazione ai gironi sia in Sudafrica che in Brasile. E la sola parentesi del trionfo a Euro 2021 non può bastare a offrire uno spiraglio di speranza per il calcio italiano.
L’incapacità di artigliare il pass olimpico va di pari passo, negli ultimi 15 anni, con i risultati mediocri conseguiti agli Europei Under 21 dalla Nazionale italiana. Nonostante alcuni talenti di rilievo (da Verratti a Immobile, da Chiesa a Barella, passando per Donnarumma e Tonali), le compagini giovanili azzurre hanno sempre steccato nel momento decisivo. Frutto, anche, di una scarsa adeguatezza dei selezionatori che si sono susseguiti sulla panchina degli Azzurrini in questo decennio. Già, perché Di Biagio e Nicolato, seppur disponendo di rose interessanti, non sono riusciti minimamente a offrire un’impronta di gioco capace di imporsi sulle avversarie.
Il problema dell’Italia del calcio: Federazione e mentalità avida
La radice del problema che ha gettato nel tunnel l’Italia calcistica è tutta all’interno della FIGC. Da anni, all’interno della cabina di controllo del calcio italiano, risiedono sempre le stesse persone che hanno contribuito a trascinare nel baratro tutto il movimento. Chiaramente, con maschere riciclate da falsi innovatori, impegnati a sventolare la bandiera del finto riformismo per mantenere ben salda la propria poltrona. Chiaro che il primo riferimento (nonché primo responsabile) che viene in mente, è l’attuale Presidente della Federazione Gabriele Gravina. Che sin dal disastro di Palermo della Nazionale di Roberto Mancini, che ha portato alla seconda eliminazione dai Mondiali senza nemmeno arrivarci, non ha degnato gli appassionati italiani di fare quel passo indietro (forse obbligatorio) richiesto dal senso di pudore.
Parlare di una “rifondazione a partire dai settori giovanili” sarebbe quasi un’utopia. Perché il marcio che da decenni pervade le più alte cariche del calcio italiano, di riflesso si ripercuote anche sulla crescita dei talenti. Ragazzini non più avvicinati all’essenza dello sport e alla coltivazione del talento, ma prototipi acerbi di avidità, figli di una mentalità inculcata dai personaggi che gli gravitano attorno. E a cui finiscono per ispirarsi. Perché, in fondo, l’esempio da seguire è quello che parte dall’alto: fare di tutto affinché si possa gonfiare il portafogli. Con buona pace dei risultati sportivi.