Nell’anticipo delle ore 18.00 della giornata numero 14 di Serie A, l’Atalanta batte la Juventus per 1-0. Grazie a un gol del solito Zapata e ad una prestazione molto pragmatica, Gasperini si toglie la soddisfazione personale di vincere per la prima volta a Torino. I bianconeri, invece, incappano nella quinta sconfitta in campionato e si allontanano sempre più dalla zona Champions. Le due squadre alternano varie soluzioni che andiamo di seguito ad evidenziare nell’analisi tattica di Juventus-Atalanta. Cominciamo dalle scelte iniziali di formazione.
La squadra di casa si dispone con quello che sulla carta viene presentato come un 4-4-2 e con alcune variazioni rispetto alla disfatta di Londra. Davanti a Szczesny Allegri conferma Cuadrado ed Alex Sandro terzini e Bonucci e De Ligt centrali. A centrocampo, Chiesa gioca largo a destra, con Rabiot dalla parte opposta e in mezzo McKennie e l’insostituibile Locatelli. Davanti ritrova il posto da titolare Dybala al fianco di Morata.
I bergamaschi, invece, si affidano al consolidato 3-4-2-1, con Djimsiti, Demiral e Toloi davanti a Musso, Freuler e De Roon a centrocampo con Maehle e Zappacosta esterni. In attacco Zapata è il riferimento centrale, supportato dai due trequartisti Pessina e Malinovskyi.
Primo tempo: equilibrio iniziale rotto da Zapata
L’analisi tattica di Juventus-Atalanta ci regala un duello a distanza tra due degli allenatori che più sanno adattarsi all’avversaria. A dispetto delle premesse, i bianconeri si dispongono con un 4-3-3, con Chiesa largo a sinistra e Dybala a destra in fase di possesso, che si trasforma in 4-5-1 quando la squadra si difende. La costante dei primi venti minuti di gioco è la ricerca, da parte di entrambe le squadre, di sfondare sulla fascia adiacente alle due panchine. Dal lato Juve, agiscono Cuadrado e McKennie, che è bravo a inserirsi senza palla. Per l’Atalanta, invece, ci sono Maehle, sempre molto alto, Djimsiti, che accompagna l’azione, e Malinovskiy che galleggia da quella parte.
La Juventus prova a fare la partita sfruttando la posizione molto mobile del suo numero 10. La Joya svaria sul centro-destra per dialogare col terzino colombiano e il texano, ma talvolta si accentra per impostare e liberare la corsia. Locatelli fatica, infatti, a costruire a causa del prezioso lavoro oscuro di Pessina, costantemente appiccicatogli addosso. L’Atalanta risponde al possesso palla bianconero con un pressing molto alto e marcature asfissianti, che causano molti problemi alla Juventus in fase di impostazione, forzandone diversi errori. Tra questi, gli uomini di Gasperini trovano quello decisivo al minuto 28, quando Djimsiti intercetta a metà campo una sponda corta di Morata, lanciando Zapata direttamente in porta. Con Alex Sandro in avanti e Bonucci allargatosi per coprirlo, il colombiano approfitta del buco creatosi da quella parte e buca Szczesny con un bolide sotto alla traversa.
Appena subito il gol, Allegri inverte la posizione dei due centrali, portando Bonucci sul centro-destra, dove la squadra subisce di più anche a causa della posizione di Malinovskyi. Con poche idee e molti errori, la Juventus prova a riversarsi in avanti, ma senza produrre occasioni, dato che i nerazzurri si difendono con una linea a 5 molto bassa a protezione dell’area.
Secondo tempo: la Juve cerca il pareggio, ma l’Atalanta si difende ordinata
A fine primo tempo, la Juventus perde Chiesa a causa di un problema al flessore e al suo posto entra Bernardeschi. Con la sostituzione, la squadra rimane col 4-3-3, ma con Morata che parte leggermente da sinistra e Dybala più centrale. In fase di non possesso, però, il neoentrato si abbassa sulla linea dei centrocampisti, andando a formare così un 4-4-2. I bianconeri cominciano a macinare gioco, ma sbattono contro il muro difensivo eretto dai bergamaschi, che si schiacciano al limite dell’area e difendono con i denti la porta.
Al minuto 64, Allegri perde per infortunio anche McKennie, uno dei più propositivi, e al suo posto manda in campo Kean, trasformando nuovamente l’assetto tattico. I bianconeri si dispongono con un 4-2-3-1 con Dybala, Bernardeschi e il classe 2000 alle spalle di Morata, ma continuano a difettare di qualità e pericolosità. La squadra tenta l’assalto per il pareggio più con i nervi che non con pazienza e idee precise. Visto l’aumentare dell’arsenale offensivo juventino, Gasperini corre ai ripari e getta nella mischia Palomino per Zappacosta. L’Atalanta passa così a una difesa stabilmente a 5, con Toloi che si allarga sulla destra, ma con licenza di accompagnare l’azione.
A 5 minuti dal novantesimo, Allegri si gioca anche la carta Kaio Jorge al posto di uno spento Morata, col brasiliano che va a disporsi a sinistra e Kean va a fare il centravanti. La contromossa di Gasperini arriva pochi minuti dopo con l’ingresso di Koopmeiners al posto di Malinovskyi. La partita diviene sempre più fisica e spezzettata, come testimonia l’elevato numero di cartellini gialli da una parte e dall’altra. L’Atalanta chiude il match con un 4-5-1 in fase di non possesso, che si trasforma in 4-4-2, con Toloi e Maehle larghi, quando la squadra si affaccia in avanti.
Analisi tattica Juventus-Atalanta: le considerazioni finali
Le speranze della Juventus si spengono al minuto 95, quando Dybala scheggia la traversa su punizione. Un’immagine che riassume perfettamente il momento della squadra. Dopo la batosta col Chelsea, i bianconeri ottengono una nuova sconfitta molto pesante, non solo dal punto di vista della classifica, ma anche per il morale, sempre più basso. Al di là degli infortuni e della mancanza di qualità, i torinesi devono fare i conti anche con altri problemi. La squadra non ha idee di gioco chiare, fatica a costruire occasioni pericolose e non dimostra la giusta determinazione dopo essere andata in svantaggio.
L’Atalanta, invece, si gode un ottimo momento, con un Duvan Zapata in versione stellare, a segno per la nona volta in campionato. La squadra porta a casa il massimo risultato col minimo sforzo, giocando una partita ordinata dal punto di vista tattico e molto matura. Con grande cinismo sfrutta l’occasione concessale e poi si arrocca a difesa della propria porta, concedendo poco o nulla all’avversaria. Pur essendo uno dei migliori attacchi del torneo, la dea ritrova la vittoria a Torino dopo 32 anni di astinenza con un punteggio da corto muso.