Manchester City: anche Guardiola non fa prigionieri

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Manchester City Guardiola

Il Manchester City di Guardiola, laureatosi campione d’Inghilterra per la terza stagione consecutiva e vincitore della FA Cup, si appresta a giocare l’ultima importantissima finale che potrebbe condurre al triplete. O, come dicono dall’altra parte della Manica, al treble. Un’annata, dunque, già straordinaria e potenzialmente storica per questi colori. Oggi vogliamo concentrare l’attenzione su un aspetto particolare legato a questa squadra. E cioè il fatto che nonostante la profondità e l’eccelsa qualità della rosa, il tecnico catalano abbia nella sua testa una formazione che può considerarsi titolare a tutti gli effetti. Certo, il fittissimo calendario del calcio britannico, unito alla lunga cavalcata dei Citizens in FA Cup e Champions, rende obbligatorio un po’ di turnover. Tuttavia, in un preciso momento della stagione, per il suo Manchester City, Guardiola si è affidato sempre agli stessi uomini nelle partite fondamentali. Cerchiamo di approfondire questo particolare e proviamo anche a trovare qualche spiegazione.

Manchester City: anche Guardiola non fa prigionieri

Guardiola e le certezze del suo Manchester City: facciamo qualche doverosa premessa

Prima di addentrarci in questo approfondimento sul Manchester City di Guardiola, spieghiamo brevemente come ci muoveremo. Innanzitutto, la nostra analisi non tiene conto di tutta la stagione, bensì soltanto di un frammento di essa. Prenderemo infatti in considerazione il periodo che va dal primo aprile alla sfida di ritorno contro il Real Madrid del 17 maggio scorso. Si tratta di un lasso di tempo particolare, perché, in questo mese e mezzo, grossomodo, i Citizens hanno raggiunto i principali traguardi. Ovvero sia, finale di FA Cup, finale di Champions League e completamento del soprasso all’Arsenal in campionato. Si tratta di 13 partite, in cui la squadra ha messo a referto 11 vittorie e 2 pareggi, con 37 gol fatti e 8 subiti.

Insomma, appare chiaro che il nostro focus si concentra sulla parte finale della stagione, quella più decisiva. Inoltre, ciò su cui vogliamo soffermarci riguarda le formazioni titolari schierate dall’allenatore catalano, per capire se effettivamente nella sua mente ci siano o meno delle gerarchie. Se, cioè, al netto di una rosa fantascientifica, in determinate partite che valgono molto più delle altre, non si vada troppo per il sottile, ma piuttosto si scelgano degli specifici uomini. Possiamo osare una distinzione, come avviene altrove, tra panchinari e titolarissimi anche per il Manchester City di Guardiola? Proviamo a rispondere analizzando un po’ di dati.

I giocatori più volte partiti titolari nel periodo considerato e gli “altri”

Cerchiamo di stilare la lista dei giocatori più volte schierati come titolari da Guardiola e che, pertanto, possono assurgere a titolo di titolarissimi del Manchester City. Partiamo subito col più sospettabile di tutti, il capocannoniere della Premier, nonché miglior giovane e miglior giocatore in assoluto del campionato inglese. È chiaramente Erling Haaland, partito dal primo minuto in ben 12 match su 13.

Manchester City: anche Guardiola non fa prigionieri

Seguono poi una folta schiera a quota 11: Ederson, Akanji, Dias, Rodri, Gundogan e Grealish. Appena dietro c’è Stones, con 10, seguito da De Bruyne (9) e Bernardo Silva (8). Manca appena un componente e abbiamo confezionato una formazione impeccabile ed equilibrata nei ruoli. Ebbene, per ultima, ma non meno importante, citiamo la combo Aké-Walker. Perché insieme? Perché il secondo ha trovato stabilmente il posto da titolare con l’infortunio del primo, occorsogli nel ritorno di Champions contro il Bayern.

Manchester City: anche Guardiola non fa prigionieri

Il confronto con molti degli altri componenti della rosa è quasi imbarazzante. Il secondo portiere Ortega è stato utilizzato solo 2 volte, come Foden. Il giovane Lewis, tanto apprezzato dal tecnico catalano, è stato mandato in campo dal primo minuto soltanto una volta, al pari di Gómez. Scarsissimo impiego anche per Laporte, con le sue 4 partite da titolare. Meglio è andata, invece, a Mahrez e ad Álvarez. Il franco-algerino è divenuto quest’anno una sorta di panchinaro di lusso a cui Guardiola ha fatto affidamento per dare riposo a Bernardo Silva. Sono comunque 8 le volte in cui è configurato tra gli 11 iniziali. Discorso diverso invece per l’argentino, che ha spesso condiviso il reparto avanzato col norvegese nella variante tattica col 4-2-3-1. Le partenze dal primo minuto per il campione del Mondo sono 6.

Manchester City: la formazione degli imprescindibili per Pep Guardiola

Possiamo ora tirare le fila del discorso proponendo quella che è la formazione risultante dai numeri di cui sopra. Un 4-3-3 con Ederson tra i pali, linea difensiva con Dias e Stones centrali e Akanji e uno tra Aké e Walker come terzini. Cabina di regia affidata a Rodri, affiancato dalle mezz’ali Gundogan e De Bruyne. Tridente offensivo con Haaland riferimento avanzato e Grealish e Bernardo Silva sulle ali. È esattamente questa la squadra che Guardiola ha mandato in campo quando il Manchester City ha dovuto affrontare i doppi pesanti impegni europei contro Bayern Monaco e Real Madrid, ma anche nello scontro diretto con l’Arsenal del 26 aprile scorso che ha riconsegnato il destino del campionato nelle mani degli Sky Blues.

Appare chiaro allora che quando la posta in palio è stata massima, il tecnico catalano non ha badato al sottile, affidandosi agli uomini che lui ritiene abbiano quel quid in più a livello tecnico, fisico, ma soprattutto tattico per poter compiere l’ultimo e definitivo salto di qualità. E quindi sì, esistono delle gerarchie nette anche nel Manchester City di Guardiola!

Tale formazione traduce al meglio molti dei concetti di gioco del catalano, che quest’anno ha messo in scena un interessante 3-2-4-1, magistralmente interpretato dai suoi attori. Non a caso, ha rinunciato ai terzini classici, i full-backs di stampo inglese che arano la fascia, prediligendo una più coperta retroguardia con 3 uomini. Ecco il perché di schierare, almeno sulla carta, come esterni bassi Akanji da una parte e Aké dall’altra, giocatori molto più avvezzi a ragionare da centrali. Infortunatosi l’olandese, non è stato un problema adattare Walker, più volte pungolato nel corso dell’anno dallo stesso manager per migliorarne le doti difensive.

A centrocampo, in sostegno all’inamovibile Rodri, Guardiola ha avuto l’intuizione Stones. Il centrale inglese alza la propria posizione fungendo da mediano aggiunto. Una mossa azzeccata sotto un duplice aspetto: da un lato permettere allo spagnolo di ampliare il proprio raggio d’azione, arrivando più spesso ad incidere negli ultimi 25 metri; dall’altro, avere a disposizione un uomo con grande senso della copertura, pronto a proteggere l’ultima linea.

Manchester City: anche Guardiola non fa prigionieri

Infine, spostandoci verso il reparto avanzato, parliamo del continuo affidamento a Grealish e a Bernardo Silva. Il primo è riuscito finalmente a dimostrare tutto il proprio potenziale, mentre il secondo continua a regalare magie in mezzo al campo. Ciò che stupisce ancora, però, è la loro straordinaria abnegazione in fase difensiva. Sia l’inglese che il portoghese macinano chilometri sulle rispettive corsie, senza mai risparmiare corse all’indietro per inseguire gli avversari e dare manforte ai compagni. Un atteggiamento e una disposizione che Guardiola chiede sempre ai propri esterni alti, ma che nessuno riesce ad assicurare con la medesima solerzia come loro.

Manchester City: anche Guardiola non fa prigionieri

Non è da escludere, quindi, che anche per l’ultimo impegno della stagione, vista la valenza, Guardiola prepari questo tipo di 11 iniziale per il suo Manchester City. Come d’altronde già avvenuto per la finale di FA Cup, in cui vi è stata un’unica eccezione, in porta, con lo schieramento di Ortega, in quanto portiere di Coppa.

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