Vuoi il clean sheet (il numero 16 nell’anno solare 2023), vuoi il corto muso o lo spogliarello che lo porta a vivere il finale di partita senza giacca e cravatta. Comunque la si voglia vedere, la prestazione con annessa vittoria della Juventus in casa del Milan porta lo stigma di Massimiliano Allegri. Dal piano tattico alla fiducia in alcuni uomini-chiave, il tecnico livornese ha trovato il modo di preparare uno sgarbo non da poco alla sua ex squadra, dimostrando che c’è stato ben oltre di un gol fortunoso e del vantaggio della superiorità numerica per più di metà gara. Entriamo un po’ di più nelle pieghe di Milan-Juventus e vediamo come il successo dei bianconeri parta piuttosto da lontano.
Milan-Juventus, il piano anti-Leão di Allegri
La Juventus scende in campo a San Siro nel posticipo contro il Milan con la consueta veste tattica. Imprinting operaio, all’insegna della compattezza, dell’attenzione difensiva e della lettura dei momenti della gara per sfruttare qualche ripartenza. Il piano per neutralizzare la squadra rossonera è quello di contenere, per quanto possibile, Leão. Ed ecco che Max piazza la sua mossa impopolare: Weah titolare, ovviamente largo sulla destra, con l’occupazione principale di tenere d’occhio il portoghese. Già, perché da un punto di vista prettamente atletico, il figlio del grande George è tra i pochissimi della rosa bianconera a poter reggere un confronto in velocità col numero 10 rossonero.
Poco importa, però, se lo statunitense non abbia tutta questa attitudine (e neanche la voglia) da dedicare alla fase difensiva. Il ragazzo, generoso, ci prova comunque con risultati non propriamente eccezionali. E come dargli torto, d’altronde, se poi non può neanche scatenare le sue qualità davanti, dato che c’è tanto campo da risalire e una pressione forte dei padroni di casa a soffocare i tentativi di ripartenza bianconera. L’ex Lille, però, è un tassello che rientra in una strategia può ampia. Alle sue spalle, infatti, c’è Gatti a dargli copertura e ad arrangiarsi letteralmente per limitare e innervosire il lusitano. Piena fiducia nella ripresa al nativo di Rivoli nell’affrontarlo uno contro uno. E com’è e come non è, il numero 4 tra 22 falli (o poco meno, forse) e la consueta grinta da vendere riesce nell’impresa.
I dati parlano chiaro: la Juventus ha concesso al Milan una sola conclusione nello specchio della porta, quella di Giroud neutralizzata dal miracolo di Szczesny. Poi null’altro. Maggiore possesso, più iniziative da parte dei rossoneri, certo, ma nessun grattacapo ulteriore per il portiere polacco.
Dall’altro lato, liberato da compiti difensivi, Weah può finalmente respirare l’aria aperta della metà campo avversaria, con addirittura libertà di venire pure dentro al campo. Guarda caso, è proprio lui a servire il pallone vincente trasformato in gol da Locatelli. Ed è così che ci apprestiamo ad astrarci da quelli che sono stati i 90 minuti di Milan-Juventus per allargare lo sguardo su una dimensione più generale.
Milan-Juventus: una vittoria che arriva da lontano
Al di là di quanto accaduto sul rettangolo verde, il successo della Juventus sul Milan ha radici più profonde, che affondano in quell’ambiente sicuro che Max Allegri rappresenta per i suoi uomini. Il livornese, di nuovo, è riuscito a infondere fiducia in un gruppo che da 2 anni ormai viene martoriato da vicende extracalcistiche. Questa volta c’è anche l’aggravante del coinvolgimento di alcuni componenti della rosa, che hanno finito per rovinare loro stessi, ma anche, e soprattutto, la squadra, menomandola proprio in quel reparto tanto bersagliato nelle ultime stagioni.
Allegri, dunque, è stato chiamato a costruire un fossato attorno ai suoi per liberarli dalle pressioni esterne e preparare al meglio una sfida delicatissima e dura, come difatti è stata. E qui arriviamo al secondo decisivo passaggio-chiave, quello di affidarsi a determinati giocatori. L’impegno di Weah, la diligenza difensiva di Kostić, la concentrazione di Szczesny e Bremer sono stati fattori importanti per strappare i 3 punti. A ciò va aggiunto l’apporto di Locatelli e McKennie, due giocatori rivitalizzati dal livornese.
L’americano sembrava un corpo totalmente estraneo, pronto da un momento all’altro a fare le valigie per tramutarsi in un bottino da qualche decina di milioni euro da immettere nelle casse bianconere. Alla fine è rimasto a Torino e Allegri ha saputo rilanciarlo. Il suo reinserimento in squadra è stato assolutamente naturale e il tecnico gli ha cucito addosso l’ennesimo abito tattico della sua esperienza juventina. Quello di quinto di destra. Titolare quasi inamovibile e prestazioni decorose che lo hanno reso un punto fermo. E il suo dinamismo e la sua duttilità hanno avuto un peso per garantire equilibrio e copertura.
Locatelli, l’uomo del destino tra Milan e Juventus
Correva l’anno 2016, una serata milanese di ottobre, il 22 per l’esattezza, quando un diciottenne Locatelli faceva impazzire San Siro per un gol da urlo a Gigi Buffon, grazie al quale il Milan aveva la meglio sulla Juventus. Esattamente 7 rivoluzioni terrestri dopo, con più barba ed esperienza, il centrocampista lecchese compie il più sgradito dei gol dell’ex. Dietro a questo ricorso storico, però, c’è ancora la mano di Max, che con stoica testardaggine ha difeso a spada tratta il suo giocatore, anche nei momenti di maggiore difficoltà. Una fiducia rinnovata continuamente e il possesso delle chiavi del centrocampo della Vecchia Signora mai messo in discussione. E così, dopo una partita giocata in maniera sapiente e senza il ben che minimo errore, arriva la ciliegina sulla torta col gol-vittoria e tanto di pianto liberatorio al triplice fischio.
La ricetta di Allegri tra consapevolezza e cuore
Credere nei propri uomini non significa soltanto proteggerli, ma anche saper alzare la voce. Quella che Allegri ha perso nei minuti finali della gara in preda alla furia. La stessa che lo ha portato a beccarsi un cartellino giallo. La rabbia è quella tipica del buon padre, che riconosce l’immenso potenziale dei suoi figlioli, ma vede troppo spesso sprecarlo. Oppure avverte il pericolo che possano disfare quanto costruito di buono. Il livornese sa che questa squadra può e deve dare di più. I mantra della calma, della pulizia tecnica e delle giocate razionali rimangono ben saldi nella sua mente. Lui cerca di inculcarli giorno dopo giorno, partita dopo partita. Non sempre, però, i suoi ragazzi sembrano seguirlo e quindi è inevitabile infervorarsi.
Alla fine, però, la ragione sta dalla sua. Con le sue punte di diamante acciaccate e i tanti problemi al di fuori del campo, la Vecchia Signora rimane lì a sgomitare con le milanesi. Forse non sarà Scudetto, ma la Juventus compatta e gregaria allegriana, in cui prevalgono i valori degli uomini e il collettivo, farà togliere qualche altro sassolino dalle scarpe al suo allenatore, alla faccia dei detrattori.