Alvaro Morata è solo l’ultimo bersaglio dell’odio propagato dai social network. La nazionale spagnola si è qualificata per gli ottavi di Euro 2020 da seconda, dietro alla Svezia. Le prestazioni delle furie rosse non sono state gradite dai tifosi spagnoli che non si sono risparmiati nelle critiche e, purtroppo, anche negli insulti.
Morata e famiglia minacciati per un rigore
Il caso di Morata ha riportato in primo piano la questione della violenza che si diffonde sui social network. L’attaccante della Juventus, ora impegnato con la Spagna, a Euro 2020, è stato protagonista di prove non esaltanti. La partita con la Polonia ha visto il classe ’92 sbagliare un rigore.
Poco è bastato ai tifosi spagnoli per far partire la bufera social fatta di insulti e addirittura di minacce di morte. La vittima non è solamente l’attaccante spagnolo ma anche la sua famiglia, i figli in particolare. Queste le dichiarazioni del calciatore dopo la partita con la Polonia:
“Ho ricevuto insulti e minacce verso la mia famiglia, ma sto bene. Capisco le critiche riguardanti il mio lavoro, capisco se la gente mi critica perché non ho segnato. Ma chiedo alle persone di mettersi nei miei panni per immaginare cosa vuol dire ricevere minacce e insulti verso la famiglia e i figli”
Quando l’odio social colpì un altro bianconero
Quel che è successo a Morata richiama ad altre storie tristemente note. Un altro bersaglio dell’odio diffuso sui social fu proprio un altro bianconero. Bonucci scatenò un autentico polverone col suo passaggio al Milan nel 2017.
La storia rossonera fu breve, giusto una stagione per poi far pace con la Juventus e riabbracciare i bianconeri. Un anno che è bastato per scatenare sia i tifosi del Milan sia quelli della Juventus. I primi non l’hanno mai accettato e l’hanno criticato per le prestazioni deludenti in campo. I secondi hanno perso molta fiducia nei suoi confronti etichettandolo come traditore.
Questa parentesi travagliata solo per un trasferimento, per un anno in una squadra rivale è valsa la ghigliottina social. Inqualificabili le successive minacce di morte ai figli di Bonucci. Gli autori furono dei tifosi, forse sportivamente rancorosi, che commentarono in maniera inqualificabile una foto che ritraeva il difensore juventino assieme ai figli. Limite superato.
Minacce e razzismo anche per Simy
Nwankwo Simy è stato uno dei mattatori dell’ultimo campionato e unica nota lieta di un Crotone retrocesso. 20 gol in campionato per farsi amare da tanti fantallenatori. L’altra faccia della medaglia, purtroppo, racconta ancora delle minacce. Ancora ai familiari.
“In Nigeria si deve propagare la peste bubbonica, zingaro di m…, godo che tuo figlio muore per cancro al pancreas”
Queste le parole tremende scritte a Simy dopo una sconfitta contro il Bologna. Grammatica che conferma l’ignoranza di un altro individuo che è stato capace di superare quel limite oltre la sportività. Simy ha postato il messaggio mostrando il suo hater.
L’eccesso dopo il flop di Pirlo
La Juventus nell’ultima stagione si è qualificata per la Champions League all’ultima giornata. Il risultato è appena sufficiente ma denota un flop importante per un club che ha sempre vinto nell’ultimo decennio.
Pirlo è stato il principale bersaglio delle critiche. Queste, come spesso accade, sono diventate insulti e minacce. Come per Morata, Bonucci e Simy, anche in questo caso è stato coinvolto il figlio dell’ex-allenatore bianconero.
Zaccagni: il capro espiatorio
Rimanendo nel nostro campionato ne sa qualcosa di insulti social anche Mattia Zaccagni. Il gioiello dell’Hellas Verona è stato bersagliato dai tifosi dopo il pareggio col Napoli che ha qualificato la Juventus in Champions League. Questo proprio ai danni dei partenopei.
In questo caso probabilmente la frustrazione era meramente calcistica. Delusione sportiva forse. Sufficiente comunque per far superare quel limite. Quello che esce dal gioco e dalla rivalità e che arriva sul personale.
Zaccagni ha denunciato pubblicamente i messaggi dei tifosi e degli hater dopo la partita col Napoli, così come ha fatto Simy. Con eleganza anche davanti all’inaccettabile.
Teste di maiale
A Bari, qualche mese fa, si verificò un altro caso di violenza. Se prima sono stati riportati casi di hate speech social, stavolta l’oggetto è uno striscione, ovvero il precursore degli attuali mezzi di comunicazione per il calcio.
Lo striscione appeso fuori dallo Stadio San Nicola recita “Se non ci credete, questa fine farete” e annessa a questa minaccia venne esposta una testa di maiale. Questa la reazione causata da ignoti a seguito di una sconfitta del Bari contro la Turris.
La testa di maiale ricorda un altro famoso caso. Nel 2002 durante una partita tra Real Madrid e Barcellona fu lanciata una testa di maiale vicino a Luis Figo, intento a calciare un corner.
Il calciatore portoghese era stato preso di mira dagli insulti dei tifosi del Barcellona per il passaggio ai rivali blancos. Figo era alla seconda apparizione nella sua vecchia casa, il Camp Nou dei blaugrana. Dopo fischi, cori, fazzoletti bianchi a segnalare il disappunto, venne lanciata anche l’ormai iconica testa di maiale. Gesti che sono amaramente entrati nella storia calcistica.
I Giuda di un calcio che non è solo calcio
La vicenda di Figo apre a quelle che sono le varie storie di tradimenti calcistici. Se si parla di hate speech, di odio nel calcio, uno dei motivi più forti e sentiti è quello dato dalla rivalità. Quale peggior atto per un calciatore se non passare alla squadra rivale?
L’ultimo caso è quello di Calhanoglu, appena passato dal Milan ai cugini dell’Inter a parametro zero. Trasferimento che non verrà dimenticato facilmente dopo il tira e molla sul rinnovo.
Gonzalo Higuain è considerato un altro grande Giuda del calcio e in particolare della Serie A. L’attaccante argentino dopo aver battuto il record di reti in Serie A di Nordhal con 36 centri, passa agli acerrimi rivali della Juventus. Tutto l’ambiente partenopeo è sconvolto. De Laurentiis su tutte le furie. Lo stesso percorso, in cerca di gloria, lo farà il tecnico toscano Maurizio Sarri con critiche e insulti annessi.
Non è una novità in questi discorsi la presenza di Zlatan Ibrahimovic. Il campione svedese del Milan ha giocato anche con la Juventus e l’Inter e non ha mai nascosto il suo debole per il miglior acquirente. Come tutti i “traditori” del calcio è stato bersagliato di critiche e offese. Gli è stato dato del mercenario e dell’opportunista.
“Fin da bambino sognavo di giocare in questo club” è il tormentone o meme che è nato da figure come quella di Ibrahimovic. Figure che per le prestazioni hanno guadagnato il rispetto nel tempo. Lo stesso rispetto che Ibra meritava quando le critiche passate si trasformarono in offese sulle sue origini.
Il caso Morata per un’educazione sportiva
Ce ne sono molti altri. Sono tanti i nomi che sono stati coinvolti nelle polemiche calcistiche per poi diventare polemiche politiche e socio-culturali. I tanti Giuda del calcio hanno scatenato i peggiori istinti delle tifoserie. Hanno trasformato le rivalità in odio.
Il caso di Morata è solo l’ultimo, non molto diverso da quello dei Giuda. Le partite nazionali vengono vissute con apprensione da molti cittadini pronti a criticare e ad andare oltre quando un giocatore che li rappresenta commette un errore. Il problema è culturale e tutte queste storie lo dimostrano oltre a evidenziare il bisogno di un’educazione sportiva fatta di valori sani e non violenti.