Dalle ceneri dell’Afghanistan alla redenzione nel territorio danese. Nadia Nadim è un vero e proprio esempio di come nella vita non ci si debba mai arrendere. Da giovane ragazzina senza un futuro, a stella del calcio danese (e mondiale), grazie alla fuga che ha messo in salvo lei e la sua famiglia, orfana di padre, sacrificatosi per il paese in qualità di generale dell’esercito. Un incubo vissuto ad occhi aperti, sulla propria pelle. Ad appena 12 anni una nuova occasione. Prima in Pakistan e poi in Danimarca, passando per l’Italia. Una volta compiuti 18 anni, la giovane calciatrice classe ’88 ha ottenuto la cittadinanza danese, ricominciando così una nuova vita.
Nadia Nadim: dalle macerie al prato verde
Nata a Herat (in Afghanistan) il 2 Gennaio 1988, Nadia Nadim ha vissuto il terrore della guerra, dell’instabilità, senza sapere cosa ne sarebbe stato del suo futuro. Tanti sogni e nessuna certezza, molti progetti e pochissime probabilità di portarli a termine.
La svolta è avvenuta nel 2000, quando è riuscita a fuggire insieme alla sua famiglia (rifugiandosi in un camion), perdendo però suo padre. Un’infanzia fin da subito difficile, ma l’occasione di una nuova vita ha spinto la giovane Nadia a realizzare il suo sogno, quello di correre su un prato verde rincorrendo e calciando un pallone.
Ad accoglierla la Danimarca, con la quale ha subito cominciato il suo percorso nel mondo del calcio, giocando poi a 16 anni per l’Aalborg, in qualità di attaccante. Successivamente con il Viborg e poi con lo Skovbakken, con tre partite disputate e quattro gol messi a segno. Il 2012 rappresenta l’anno della sua “svolta” calcistica, grazie alla chiamata del Fortuna Hjørring. Con la compagine danese, vincendo il campionato, ha avuto anche il diritto di partecipare alla UEFA Women’s Champions League.
Altra stagione ed altra squadra, stavolta si tratta dello Sky Blue, club americano con il quale ha giocato per due stagioni, segnando 13 gol in 24 gare. Nel 2016/2017 è invece passata al Portland Thorns, rimanendo però sempre negli Stati Uniti. Ben 37 gettoni e 15 reti, per una giocatrice chiamata dal Manchester City e poi dal PSG, lasciando sempre un bel ricordo. In Inghilterra 15 presenze e 4 gol, in Francia 27 partite e 18 sigilli.
Più di 200 gol realizzati – motivo per cui è stata inserita da Forbes nella lista delle atlete più “importanti” del mondo – con 11 lingue conosciute e parlate. Laureata in medicina e pronta alla specializzazione in chirurgia. Nadia Nadim continua anche a giocare e vestirà la maglia del Racing Lousville.
I trascorsi con la nazionale
Appena compiuti 18 anni – nel 2006 – Nadia Nadim ha ottenuto la cittadinanza danese e ha immediatamente indossato anche la maglia della nazionale. Anche qui non sono mancate le difficoltà dato che, per via di un cavillo della FIFA, si sarebbero dovuti attendere almeno cinque anni di residenza, prima di poter far parte della squadra.
L’insistenza della nazionale – e della nazionale – ha permesso uno strappo alla regola, facendo sorridere non soltanto Nadia, ma tutti i grandi tifosi e appassionati di calcio.
Dopo un inizio quasi “bloccato”, l’attaccante classe ’88 fa a tutti gli effetti parte del gruppo, avendo partecipato a tre Europei e a tutte le edizioni dell’Algarve Cup, senza mai vincere, ma conquistando il podio in ben due occasioni.
Attualmente, vanta ben 99 presenze e 38 reti con la maglia della Danimarca, un bottino per nulla irrilevante, se si pensa anche alla sua storia.
Nadia Nadim come modello da imitare
Dopo una fuga disperata, nessuno si sarebbe aspettato una vita di questo tipo. Nadia Nadim non ha soltanto realizzato il suo sogno di diventare calciatrice, ma è un vero e proprio modello da imitare.
Tenacia, forza, carattere, speranza. E, forse più di tutto, la voglia di vivere, quella che le stavano togliendo quando aveva appena 12 anni. Poi un’occasione chiamata Danimarca, chiamata Europa, chiamata calcio.
Oggi Nadia Nadim non è soltanto un’icona dello sport e del calcio, ma è anche ambasciatrice Onu, e soprattutto un modello da imitare. Come calciatrice, come donna e come persona. Come un essere umano che, dopo l’incubo e il terrore della guerra, è rinato e si è ripreso in mano la propria vita. Dimostrando che a volte i sogni non solo si realizzano, ma sono in grado di superare ogni nostra aspettativa.