A Napoli, in questi mesi, l’espressione anche sul palcoscenico internazionale di un calcio spumeggiante è dovuta in gran parte ad un dato di fatto: la rinascita di Lobotka. È lui il direttore dell’orchestra di Spalletti. Nonostante i riflettori siano costantemente puntati sull’estro di Kvaratskhelia, non va dimenticato il leader silenzioso, primo costruttore e artefice della manovra scoppiettante dei partenopei: Stanislav Lobotka.
Ebbene sì, forse non ruba l’occhio con una giocata, non si esalta con conclusioni a giro o dribbling ubriacanti, ma il ruolo ricoperto nell’orchestra messa in piedi da Spalletti non è paragonabile rispetto a quello assunto da qualsiasi altro componente della rosa. Nel giro di poco tempo, il centrocampista slovacco ha prima trovato e poi gelosamente custodito le chiavi del centrocampo. In definitiva, lo slovacco sta diventando l’imprescindibile fattore di un Napoli che sogna in grande.
Napoli, Lobotka e Spalletti: il feeling tra i due è la chiave di volta
Per comprendere appieno l’importanza assunta da Lobotka nello scacchiere di Spalletti, dobbiamo necessariamente fare un passo indietro con la memoria e tornare a poco più di un anno fa, posizionando la lente d’ingrandimento sull’ultimo periodo del Napoli targato Gennaro Gattuso.
Il quadro che riusciamo a dipingere sulla tela immaginaria dei ricordi di quel Napoli è privo di qualsiasi tinta che rimandi al centrocampista slovacco. 15 presenze per un totale di soli 140 minuti giocati secondo i dati kickest. Questo il misero bottino raccolto da Lobotka durante l’era Gattuso. Un’incidenza quasi trascurabile che ha dell’incredibile, soprattutto se paragonata all’importanza assunta sotto la guida di Spalletti.
Chiaro, dunque, come qualcosa nel rapporto tra il precedente tecnico, bandiera del Milan, e il centrocampista di nazionalità slovacca non andasse. Possiamo solo fare supposizioni, che da un lato tendono a dare peso alla scarsa condizione fisica palesata all’epoca dal giocatore e dall’altro, semplicemente corrispondono ai gusti di Gattuso che probabilmente preferiva un giocatore più dinamico come Demme. Scelte, giuste o sbagliate, che però appartengono al passato. Ciò che conta è che ormai Lobotka è passato dai margini della squadra a leader indiscusso. È evidente che gran parte del merito sia da riconoscere alla sapiente guida di Luciano Spalletti.
La collocazione tattica di Lobotka: la mente della macchina perfetta assemblata da Spalletti
Al di là della posizione di regista o di vertice basso ricoperta da Lobotka nel 4-3-3 di Luciano Spalletti, ciò che realmente lo distingue rispetto agli altri play è l’intelligenza tattica, fuori dal comune, mostrata dal centrocampista slovacco durante le fasi di costruzione della manovra dal basso. La sua abilità nello sfruttare le zone d’ombra concesse dalla formazione avversaria è più unica che rara ed estremamente utile. Questa, infatti, consente al Napoli di superare agilmente anche intense ondate di pressing avanzate dalle compagini avversarie.
Se focalizziamo la nostra attenzione, osservando i match degli azzurri, notiamo come sempre, prima di entrare in possesso della sfera, Lobotka sia già consapevole della posizione dell’avversario. Quest’ultimo, infatti, cerca di pressarlo, ma il mediano partenopeo riesce costantemente ad anticipare i suoi movimenti e a rendere vano il pressing. Questa caratteristica, abbinata ad un importante contributo in fase difensiva e ad una precisione chirurgica nei passaggi, consente al Napoli lo sviluppo di una manovra particolarmente fluida e veloce e, dunque, estremamente imprevedibile per le difese avversarie.
Le conclusioni: è possibile quantificare l’importanza di questo giocatore nell’economia del gioco dei partenopei?
I numeri, quelli relativi ai gol e agli assist messi a referto, rendono l’idea di chi, sotto il profilo realizzativo, ha maggiormente contribuito ai successi della propria squadra. Le statistiche, tuttavia, non renderebbero fede all’importanza assunta da Lobotka.
Ciò perché, in questo caso, a venire in rilevo non è il gol siglato o l’assist servito, bensì la stessa costruzione della manovra. Lobotka, infatti, è l’essenza stessa della creazione del concetto d’identità di gioco, qualcosa di unico, che va semplicemente apprezzato e che per sua natura non può essere quantificato.