Alessio Romagnoli, capitano rossonero classe ’95, da anni offre buone prestazioni e una solidità che era stata dimenticata (vedi le voci Paletta, Gomez, Zapata). Ultimamente, però, non se la sta passando bene. Infatti da insostituibile e da leader è passato ad essere motivo di dubbi. Qual è davvero il problema? Forse continuare a credere che Romagnoli sia Nesta.
Centrale italiano con il 13, così Romagnoli fu il nuovo Nesta
In questo ultimo decennio quante volte abbiamo sentito di un talento emergente con un’etichetta pesante? Quanti attaccanti piccoli, veloci e abili nel dribbling sono stati chiamati “il nuovo Messi”? L’Udiense ne sa qualcosa ricordando Torje, il Messi rumeno.
Romagnoli è uno dei tanti che fu accostato ad una leggenda del calcio italiano, Alessandro Nesta. Il centrale ex-Lazio fu uno degli acquisti più onerosi dei rossoneri. Se al tempo vi erano perplessità i risultati diedero ragione a Galliani & co. 326 presenze con i rossoneri con un palmarès invidiabile che conta 2 scudetti, 2 coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, 2 Champions League e 1 Mondiale per club, oltre ovviamente alla Coppa del Mondo nel 2006.
L’addio di Nesta non fu un fulmine a ciel sereno. Il centrale rossonero arrivò alla fine della stagione 2011-2012 con più di qualche infortunio. La tenuta non era più quella di un tempo e l’eredità veniva affidata a Thiago Silva. Sfortuna volle che il Milan stesse chiudendo un ciclo sia sportivo che economico. Il risultato fu la cessione di Ibrahimovic e Thiago Silva: questo sì un fulmine a ciel sereno.
Arriviamo a Romagnoli, dunque. Il suo arrivo è datato 2015. Il Milan viene da anni con prestazioni negative. Assenza di senatori nel club ma soprattutto una solidità difensiva che era un lontano ricordo. Questi elementi, uniti alla voglia di sognare partendo dal mercato, portarono all’entusiasmo per l’ingaggio di un giovane centrale.
L’identikit raccontava di un ventenne abile nel contrasto e nelle scivolate, carismatico fin dalle prime partite con la Roma e dalla stagione alla Sampdoria. E’ un italiano, 185 cm, che viene dalla Capitale e che intende vestire il numero 13. Tutti elementi per sognare?
Sì e no. Viene subito in mente Nesta ma non si dovrebbe osare così tanto. Le prestazioni, d’altro canto, fecero emergere Romagnoli in un Milan che era in perenne fase di ricostruzione, un cantiere aperto.
Là dietro il centrale ex-Roma ha scalato le gerarchie, ha dimostrato voglia e carattere più di altri. Così è arrivato alle 218 presenze rossonere. Così è arrivato a indossare la fascia da capitano.
Ancora peggio. Così si rievocano i vari Baresi e Maldini, storici capitani e leader in quella zona del campo. La ferita di Thiago Silva era ancora aperta, poi. Il brasiliano con la fascia al braccio aveva fatto sognare. Ora toccava a Romagnoli. E fu esponenziale il miglioramento nonché la fiducia nel classe ’95. Questo almeno fino agli ultimi anni.
La svolta del Milan e i dubbi su Romagnoli
Con maggiori investimenti sul mercato e una dirigenza che pare essere più solida, il Milan è tornato a dire la sua. Una seconda parte della stagione 2019-2020 da protagonisti con Pioli in panchina dopo il flop di Giampaolo. Il ritorno di Ibra e colpi come Theo Hernandez, Tonali, Rebic ecc. Si alza l’asticella e in difesa arrivano in punta di piedi prima Kjaer e poi Tomori.
Romagnoli intanto incomincia a calare in alcune partite fine al culmine vissuto nel derby contro l’Inter. Lo strapotere di Lukaku fa ciò che vuole con i centrali rossoneri, in particolare con il capitano. Viene meno la marcatura e il piazzamento. I tifosi ora chiedono a gran voce la titolarità di Tomori, giovane e scattante che potrebbe essere riscattato dal Chelsea.
Ora Romagnoli con l’Udinese ha salvato un gol già fatto, ripagando la fiducia di Pioli che non ha voluto ascoltare i rumori di sottofondo che volevano la panchina per il capitano del Milan. Fatto sta che il Milan stesso è calato e rischia di non tenere la scia dell’Inter. E di conseguenza, stavolta, il capitano è stato, davvero, messo in dubbio.
Il problema qual è? In generale i paragoni nel calcio generano pressioni e aspettative che possono essere deleterie. Nello specifico questa prospettiva del talento calcistico ha creato caos nell’orologio biologico del calcio. A 18 anni puoi stupire tutti ed essere l’ennesimo predestinato accostato alle leggende quando non ha ancora raggiunto 20-30 presenze tra i professionisti.
Gli stipendi subiscono un incremento folle e le motivazioni umane e atletiche vacillano. Nel caso della Serie A è diverso. A 18 anni non sei pronto per esordire, quindi fai la gavetta in Serie B o stupisci come Donnarumma in esordi inaspettati. In quest’ultimo caso la pressione, data la difficoltà d’esordio per i giovani, è accentuata. Uno dei risultati più comuni è quello di arrivare a 26 anni, come Romagnoli, non avendo ancora soddisfatto le aspettative. Quelle che ti accostavano a Nesta e alla stirpe dei difensori italiani che vincono i mondiali.