Durante la serata di qualificazioni al prossimo Mondiale di Qatar 2022, in molti si sono rivolti la stessa domanda: perché la Spagna non riconosce il Kosovo? Dubbio assolutamente legittimo dopo quanto accaduto nel match tra le due Nazionali a Siviglia. Il punteggio finale di 3-1 per le furie rosse, tuttavia, è passato decisamente in secondo piano. Infatti, ciò che ha fatto veramente notizia non è stata tanto la rotonda e scontata vittoria dei padroni di casa, quanto le vicende extra-campo.
La prima è rappresentata senz’altro dalla mancata esecuzione dell’inno kosovaro prima dell’apertura delle ostilità. A ciò fa seguito il fatto che i cronisti e giornalisti iberici non abbiano mai pronunciato la parola Kosovo in sede di cronaca, se non come “Federazione kosovara”. Dulcis in fundo, la grafica in sovrimpressione, con la dicitura “SPA-kos”, dove appare evidente il trattamento riservato alla selezione ospite. L’unico compromesso trovato, per evitare un boicottaggio del match da parte dei balcanici, l’esposizione della bandiera nazionale. Una situazione a dir poco surreale, che però trova “giustificazione” in alcune ragioni ben precise.
Perché la Spagna non riconosce il Kosovo: le ragioni giuridiche
Alla base di tutto ciò vi sono diverse ragioni, innanzitutto di natura giuridica. Nel diritto internazionale, a differenza del diritto civile, i soggetti destinatari delle norme giuridiche sono principalmente gli Stati. Uno Stato, per esistere effettivamente nel panorama geopolitico, deve soddisfare alcuni requisiti. Tra questi non figura direttamente l’istituto del riconoscimento, che però ha un’importanza non indifferente. Esso infatti, è un atto unilaterale, tacito o espresso, attraverso il quale uno Stato riconosce un altro Stato come soggetto di diritto internazionale. Le dirette conseguenze di quanto appena esposto hanno diversa natura, da quella economica a quella diplomatica, ma tutte confluiscono nel fatto che il riconoscimento sia il requisito più importante affinché tra due Stati, e di conseguenza tra i rispettivi governi, possano stabilirsi relazioni.
Il Kosovo, in particolare, è uno Stato autoproclamatosi indipendente dalla confinante Serbia nel 2008, ed è stato riconosciuto come tale da ben 98 dei 193 Stati componenti l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Questo riconoscimento così ampio rappresenta un altro requisito importante affinché un nuovo Stato possa essere considerato come tale nelle relazioni internazionali. Tuttavia questo discorso non vale per tutti quei componenti dell’ONU che invece hanno espresso una diversa posizione sulla questione, tra i quali figurano la succitata Serbia, che ha visto ridursi la propria estensione territoriale e non solo, la Grecia e la Georgia, prossime avversarie dei kosovari, e per l’appunto la Spagna. Tuttavia il motivo di questo mancato riconoscimento non è da ricercarsi in screzi passati tra i due Stati, ma in una ragione che non coinvolge direttamente i balcanici.
Le ragioni storico-politiche
In Spagna, da secoli, c’è una situazione di ostilità tra il governo centrale e la comunità autonoma della Catalogna. Questa ha provato a più riprese ad ottenere l’indipendenza, senza però mai riuscirci per svariate ragioni. Di conseguenza, nell’ottica del diritto internazionale, un eventuale riconoscimento del distaccamento del Kosovo dalla Serbia, da parte della Spagna, rappresenterebbe un tacito avallo della posizione indipendentista. Una situazione sicuramente non ideale per chi, come i vari governi spagnoli succedutisi nel tempo, ha sempre combattuto con decisione tale ideologia.
Senza entrare nel merito di una vicenda che trascende dal calcio giocato, una riflessione è tuttavia d’obbligo. I valori dello sport, da sempre, inneggiano alla parità e all’uguaglianza tra gli abitanti di tutte le nazioni. La dicitura “Respect” viene da sempre pubblicizzata e utilizzata sulle divise dei giocatori che scendono in campo, soprattutto in ambito europeo. E soprattutto, il calcio come ogni altro sport era e resta tuttora principalmente un gioco, fonte di aggregazione tra i popoli. L’aver consentito che, nel match di ieri, prevalessero vicende che non attengono direttamente una competizione importante come il Mondiale, rappresenta senza dubbio una sconfitta. In primis per chi ha imposto queste condotte. Ma soprattutto proprio per chi vuole predicare i succitati valori senza poi lottare realmente per difenderli e affermarli.