Robben, l’uomo di vetro dice addio (stavolta per davvero)

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Arjen Robben dice che è finita. Stavolta per davvero. Già un anno fa aveva annunciato il suo addio al calcio giocato, salvo poi ripensarci per giocare nel suo primo club da professionista, il Groningen. Sul suo profilo Twitter ha lasciato il seguente messaggio: “Cari amici del mondo del calcio, ho deciso di interrompere la mia carriera calcistica. Una scelta molto difficile. Voglio ringraziare tutti per il commovente supporto“. La società, commossa dalle sue parole, ha espresso tutta la disponibilità per un parlare di un eventuale ruolo dirigenziale. Perché un talento come quello dell’uomo di vetro non si può dimenticare.

Robben, la generazione d’oro Orange

Robben nasce nel 1984 a Bedum, una cittadina nel nord dell’Olanda. Quattro anni prima del meraviglioso Europeo vinto da Gullit, Van Basten e Rijkaard, il trio dei tulipani al Milan. E proprio 20 anni dopo esordirà alla kermesse continentale con l’Olanda, raggiungendo le semifinali. È solo l’inizio di una grande epopea con la Nazionale, che inizia da Euro 2008. Ricorderemo bene la lezione inflitta all’Italia campione del mondo, un 3-0 senza repliche. È l’Olanda della generazione d’oro, distante dal calcio totale degli anni Settanta, ma garante di grandi talenti. Con un tratto, però, in comune: mai vincente. Con Sneijder, De Jong e Van Persie forma quella squadra in grado di far tornare a sognare il popolo Orange. 

A Sudafrica 2010 il sogno sembra alla portata. Eliminate le sudamericane Brasile e Uruguay, al Soccer City Stadium rimane solamente la Spagna delle meraviglie come ultimo ostacolo. Proprio lui, al 63′, ha la ghiotta chance per portare i suoi avanti, ma un Casillas strepitoso lo ipnotizza. Il gol extra-time di Iniesta lascia i sogni di gloria in un cassetto. Quattro anni dopo, nel 2014, sarà medaglia di bronzo. Come il pallone che riceverà a fine competizione. Al debutto è protagonista nella vendetta perfetta sulle Furie Rosse, andando a realizzare una strepitosa doppietta. Stavolta, però, la maledizione è sigillata dall’Argentina, ai tiri dal dischetto. Per una generazione che sarà dei grandi rimpianti, come quella del leggendario Johann Cruijff. Con il suo addio, guarda caso, è inziata la lenta decadenza olandese.

Il bilancio totale parla di 96 presenze con la selezione e 37 reti, rispettivamente al nono e quinto posto per apparizioni e gol segnati. Queste semplici cifre, però, non possono andare ad esplicare il valore di un giocatore fuori dal comune.

Robben, l'uomo di vetro dice addio (stavolta per davvero)

Il talento dell’uomo di vetro

Soprannominato l’uomo di vetro per la sua fragilità fisica, Robben ha sempre dimostrato delle abilità tecniche disarmanti. Tanto da pensare più volte di smettere. Per fortuna degli amanti del calcio, non è stato così. Rapidissimo, tanto da raggiungere la velocità record di 37 chilometri orari. Leggendarie le sue falcate dalla metà campo a tagliare la difesa, per poi rientrare col sinistro. Una giocata che ha ispirato un intero movimento, che si è rifatto alle sue caratteristiche. Esplosività, corsa e dinamismo. Un trio di capacità spesso letale, in grado di far ammattire le difese avversarie. Un colpo all’anima di chi lo ha visto giocare.

Se la sua avventura in Nazionale è stata esaltante ma non vittoriosa, difficilmente si può dire con la sua carriera nei club. Il Bayern Monaco è senz’altro la squadra che più lo ha soddisfatto. Ben 8 titoli di Germania, 5 coppe e supercoppe di Germania. Oltre, naturalmente, alla finale di Champions League 2012/2013, nel derby teutonico col Borussia Dortmund: rete decisiva del 2-1 e premio come miglior giocatore della finale. In duo con Franck Ribery, per anni ha composto un duo sugli esterni imprevedibile e da sogno. Una storia d’amore lunga 10 anni, dal 2009 al 2019, prima di tornare a casa al Groningen e appendere gli scarpini al chiodo.

Robben, l'uomo di vetro dice addio (stavolta per davvero)

La strada verso il successo

La scalata verso il successo di Robben è rapida. Quando si fa le ossa nel club del suo paese, si allena col metodo Coerver, che prende il nome da un grande ex allenatore del Feyenoord degli anni Settanta. Alla stagione del debutto col Groningen è nominato giocatore dell’anno e nel 2002/2003 passa al PSV, per un corrispettivo di 3,7 milioni di euro. Qui rimane per due anni ed è nominato, alla prima annata, miglior giocatore della squadra, andando a segno in ben 12 occasioni. Nel 2004, il passaggio al Chelsea, dove è costretto a rimandare il suo debutto a causa di un grave infortunio. In tre anni, ad ogni modo, il contributo è importante, riuscendo a vincere due campionati di fila ai Blues (prima volta nella storia), seppur nell’ultima stagione con José Mourinho vedrà poco il campo.

Ben tre guai muscolari, infatti, lo terranno lontano dai campi e sarà costretto ad operarsi.Il 2007 diventa l’acquisto più oneroso delle tasche del Real Madrid: 36,55 milioni. Ancora una volta, però, stiramenti e altri problemi spesso lo tengono fuori. Ai Galácticos poi, si sa, la concorrenza è agguerrita. L’avventura per la coppa dalle grandi orecchie, sia nel 2007/2008 che nel 2008/2009, termina agli ottavi di finale. Mentre riuscirà a trionfare in Liga e Supercoppa di Spagna il primo anno. Conclude con 65 gettoni complessivi e 13 reti. L’estate del 2009 però, si sposta dal sole di Madrid a quello di Monaco di Baviera, l’estate che cambia la vita. il 28 agosto, in cambio di 25 milioni. Il resto è storia nota.

Vissuto nell’era d’oro di Messi e CR7, ambire al Pallone d’Oro è quasi sempre stato una chimera. Lui, però, come l’olandese volante, vola nella memoria dei tifosi e di chi ama questo sport. Le ali di un uomo di vetro.

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