I vertici della Lega Calcio, insieme ai rappresentanti dei club, si stanno riunendo in questi giorni a Roma, per cambiare totalmente il volto del nostro campionato. Il presidente Gravina, infatti, sta proponendo alle società una svolta epocale: quella di portare la Serie A ad un numero di 18 squadre.
La transizione ad un torneo con meno compagini coinvolte, tuttavia, sta trovando sulla propria strada non pochi intoppi. Da una parte la questione economica, dalla quale le formazioni più piccole si sentono escluse; dall’altra la difficoltà di mantenere intatto il merito sportivo, che tanto era stato chiamato in causa anche durante il caso “Superlega”.
Indubbiamente la partita che si sta svolgendo negli uffici delle alte cariche del calcio italiano non può che dichiararsi ai propri esordi. Il presidente Gravina chiede celerità ai club, che però temporeggiano, volendo e dovendo adottare una linea comune.
Un tentativo fallito già in passato
Quando ad Ottobre 2018 cambiò la guida della FIGC, Carlo Tavecchio aveva già lasciato il posto di presidente da almeno otto mesi. Gabriele Gravina sedette sul trono del calcio italiano e trovò una spinosa controversia da risolvere. L’ex-dirigente del pallone nostrano, infatti, aveva già provato ad adeguare la Serie A alla Bundesliga, portandola a 18 squadre, senza tuttavia esserci riuscito.
In queste ore, quindi, anche Gravina sta tentando di portare a compimento un’opera che proprio Carlo Tavecchio definì: “Un teorema che neanche Pitagora riuscirebbe a risolvere”. Il campionato italiano non è il solo a trovarsi in questa situazione: Inghilterra e Spagna, infatti, non hanno mai iniziato a discutere in merito ad una possibile riforma.
La crisi che ha travolto lo sport italiano sta ancora dilagando. Ecco che, dunque, le consultazioni sono iniziate e i nodi da sbrogliare sono stati trovati. Il primo è quello della linea comune tra club di Serie A, Serie B e Lega Pro; il secondo è relativo alla ripartizione dei guadagni derivati dai diritti TV e dal cosiddetto paracadute, destinato alle squadre retrocesse.
Come se non bastasse, all’interno di queste discussioni è stata fatta rientrare un’altra possibile riforma: quella relativa all’introduzione di play-off e play-out. Senza dubbio, prima si dovrà stabilire in che modo sarà composta la Serie A, per poi poter decidere in che modo assegnare il titolo e come decretare le compagini retrocesse.
Serie A a 18 squadre: cosa pensano i club?
Tralasciando il format dei play-off e dei play-out, che verrà trattato in un futuro, per i club italiani, ora, la preoccupazione maggiore è quella di conoscere il destino della Serie A. Il maggiore torneo del Bel Paese, infatti, non cambia la propria struttura da almeno 75 anni. Le compagini favorevoli ad una mutazione sono solamente 5-6; la restante parte delle società, invece, è preoccupata dalla possibile perdita d’introiti, dopo che il Covid ha causato un buco di 1 miliardo e 200 milioni di euro.
La transizione, tuttavia, non sarebbe repentina e includerebbe ben tre annate: 2022-2023, 2023-2024 e 2024-2025. In questa finestra temporale, dunque, si potrebbe aumentare a quattro il numero di retrocesse per poi giungere ad Agosto 2024 con 18 squadre iscritte alla Serie A. A partire dal ’24-’25, poi, anche la Champions League cambierà il proprio scheletro e l’idea sarebbe quella di lasciar maggior respiro alle formazioni che saranno impegnate in Europa.
La situazione è in completo divenire. Le società favorevoli sono poche e la paura di perdere preziosi guadagni è il vero freno di questa proposta. Il modello tedesco, tuttavia, è sotto gli occhi di tutti, con la meritocrazia rispettata e la sostenibilità del campionato intatta.
Negli ultimi cinque anni, poi, in Serie A, la situazione è stata la seguente: 2016-2017 penultima a -6 dalla terz’ultima, con l’ultima a -17; 2017-2018 penultima (Verona) a -10 dal Crotone terz’ultimo; 2018-2019 penultima (Frosinone) a -13 dalla terz’ultima Empoli; 2019-2020 penultima (Brescia) a -10 dal Lecce terz’ultimo; infine, 2020-2021 Crotone a -10 dal Benevento ultimo retrocesso.
Considerazioni finali
Purtroppo, il trend delle ultime cinque annate conferma che la Serie A a 18 squadre non sarebbe poi un grande danno, almeno dal punto di vista dei numeri e della competitività. Nell’ultimo lustro, infatti, l’ultima e la penultima della classe sono state ampiamente al di sotto del limite dell’accettabilità.
Senza addentrarsi in discorsi economici, i quali, al giorno d’oggi, sappiamo essere i più importanti, si potrebbe affermare che un passaggio ad un torneo “ristretto” potrebbe essere un bene per il nostro movimento. Le compagini che a metà campionato smettono di lottare, consapevoli di essere già salve, dovrebbero continuare a correre; le neopromosse, poi, sarebbero maggiormente consapevoli della difficoltà della competizione, consce di dover allestire una grande squadra per poter competere contro il meglio del calcio italiano.