Sono passate quasi due settimane dalla straordinaria serata di Wembley. Una partita pazzesca, con ritmi altissimi e con un esito più che positivo per il popolo italiano. Un match che ha anche consegnato alla storia un allenatore immenso, come pochi altri in circolazione: Roberto Mancini, diventato un vero e proprio eroe nazionale. Una definizione che si cuce perfettamente addosso al ct azzurro. Un’impresa dalle proporzioni immani, portata a termine con personalità e carisma, come un condottiero che espugna la Terra di Albione.
È riuscito a riportare a Roma un trofeo, quello dell’Europeo, dopo 53 anni dall’ultima volta. È riuscito ad amalgamare un gruppo pazzesco, ricostruendo sulle ceneri della mancata partecipazione al Mondiale. Ma soprattutto, è riuscito a riaccendere l’entusiasmo, la passione per la Nazionale, infiammando nuovamente il cuore sopito di milioni di italiani. Un vero e proprio eroe.
Una Nazionale costruita a sua immagine e somiglianza
Solo lui ci credeva. E ci ha sempre creduto, fin dal primo giorno che si è accasato a Coverciano. Predicava nel deserto, ambendo a riportare l’Italia dove gli ha sempre spettato, sulla cima del tetto d’Europa e del Mondo. Lui era l’uomo della rinascita azzurra, l’uomo scelto per risollevare le sorti della Nazionale. E dopo tre anni non si può dire che non ci sia riuscito. La finale di Wembley contro l’Inghilterra è stata probabilmente il punto più alto della sua carriera.
Un traguardo inimmaginabile, quasi un’utopia, che si è però trasformata in realtà. L’uomo giusto al momento giusto, e il successo è una naturale conseguenza di un percorso favoloso, fatto di tante vittorie e un gioco sublime. Tutto merito dell’allenatore di Jesi, che ha saputo imprimere la propria mentalità e le sue idee ai ragazzi, che le hanno poi messe in pratica in modo impeccabile.
Per Mancini la finale ha avuto un sapore speciale
Nel suo cammino con la Nazionale, Mancini ha avuto la fortuna di avere accanto a sé un compagno, un amico fedele, con cui ha condiviso gran parte della carriera, Gianluca Vialli. La sua presenza all’interno dello staff degli azzurri è risultata una scelta azzeccatissima e decisiva, per l’esperienza e i consigli apportati. Inoltre, i due ex calciatori avevano un motivo in più per puntare alla vittoria finale: vendicare la finale di Coppa dei Campioni Sampdoria-Barcellona, persa per una rete a zero. Disputata nella splendida cornice di Wembley, la finale Inghilterra-Italia aveva il gusto di una rivincita, un’occasione offerta dal destino per pareggiare i conti.
E così alla fine è stato, con Mancini che al fischio finale scoppia in lacrime abbracciato dall’amico di sempre. Per di più, davanti ai microfoni è arrivata la dedica della vittoria ai sampodriani, come a voler chiudere un cerchio e ripagarli della finale del 1992.
Laurea ad honorem: Mancini eroe nazionale
In questo momento Mancini vive circondato da un alone di gloria, portato in trionfo da tutta Italia. Un periodo magico, che segue gli strascichi della finale vinta contro gli inglesi, ritenuta un’impresa titanica. Già, perché nessuno avrebbe mai immaginato che gli azzurri potessero fare così bene durante la fase conclusiva dell’Europeo. Addirittura vincerlo è qualcosa di magnifico, che consente alla squadra l’accesso nei libri di storia del calcio, italiano ed europeo. Successo che, tra l’altro, ha permesso al Mancio di ricevere un premio inaspettato.
L’Università di Urbino ha infatti deciso di conferirgli la laurea ad honorem in Scienza dello sport. “Non solo un grande campione e professionista, ma un esempio di valori positivi e un vero testimonial della sua terra”. Queste le motivazioni che hanno accompagnato la decisione di consegnare la laurea al ct azzurro. A conferma di quanto Mancini sia ormai un eroe nazionale a tutti gli effetti.