Con un’altra rimonta agguantata quasi allo scadere, la Lazio strappa la prima vittoria in questa Champions sull’ostico campo del Celtic dopo una partita molto complicata, di cui a breve andremo a svolgere l’analisi tattica. Nella bolgia del “Celtic Park”, gli uomini di Sarri vanno sotto dopo 12 minuti per via di un approccio molto passivo, colpiti da Furuhashi. Col passare dei minuti, però, i biancocelesti crescono e vedono migliorare la propria prestazione, meritando e trovando il gol del pari con Vecino poco prima della mezz’ora. Nella ripresa, gli scozzesi dominano e sfiorano varie volte il nuovo vantaggio. La squadra capitolina sembra preoccuparsi di proteggere il pari, ma all’ultimo assalto Pedro procura un’esplosione di gioia con un chirurgico colpo di testa sul palo lontano al 95′.
Riviviamo le sofferenze e l’estasi della Lazio in questa partita contro il Celtic attraverso la nostra analisi tattica. Prima però, andiamo a dare un’occhiata alle scelte di formazione dei due allenatori.
Rodgers vara il consueto 4-3-3 con un mix di fisicità anglosassone e imprevedibilità orientale. Tra i pali c’è Hart, protetto dalla linea difensiva guidata dai centrali Phillips e Scales, mentre sulle fasce giocano Johnston e Taylor. Cabina di regia affidata al capitano McGregor, affiancato dalle mezz’ali Hatate e O’Riley. Davanti, il tridente composto dal centravanti Furuhashi, con Maeda e Yang larghi.
Sarri risponde ovviamente con un assetto speculare. In porta Provedel, retroguardia con Patric ad affiancare in mezzo Romagnoli e Lazzari e Hysaj sulle corsie. Sulla linea mediana, Vecino viene preferito a Cataldi, mentre ai suoi fianchi vengono confermati Luis Alberto e Kamada. Tridente classico con Immobile riferimento centrale e Zaccagni e Felipe Anderson sulle ali.
Analisi tattica Celtic-Lazio, il primo tempo: buona partenza scozzese, ma i biancocelesti reagiscono
Ad inizio partita, la Lazio vuole far vedere al Celtic che ha personalità e che non rinuncia a costruire da dietro, ma la realtà dell’analisi tattica è ben diversa. La squadra di Sarri soffre maledettamente il pressing feroce degli scozzesi e fatica a guadagnare campo. Pur avendo la qualità individuale per sfuggire alla pressione, i biancocelesti non approcciano con la dovuta determinazione e, soprattutto, l’attenzione necessaria per assumere le redini del gioco.
Seppur col rischio di lasciare tanto campo da attaccare in profondità, i padroni di casa tengono un baricentro molto alto per soffocare la manovra capitolina. Con un serrato 4-4-2, gli uomini di Rodgers prendono alcuni riferimenti-chiave. Hatate ha in consegna Vecino, mentre i due esterni alti escono forte sui terzini.
Per giostrare l’azione, si rende necessario che la mezz’ala sul lato forte si abbassi per offrire un appoggio ai difensori che impostano, mentre l’altro interno sale per allungare la squadra. La Lazio cerca ovviamente di appoggiarsi maggiormente sulla sinistra, dove agisce Luis Alberto. Quando lo spagnolo si alza, è Zaccagni a venire incontro per legare il gioco e, possibilmente, aprire dalla parte opposta dove trovare Felipe Anderson in situazione di uno contro uno.
Nonostante il Celtic esponga abbastanza chiaramente i propri deficit tattici, la Lazio non riesce ad approfittarne. I biancocelesti commettono tanti errori tecnici, anche non forzati, nella gestione della sfera e faticano a innescare il tridente offensivo. Zaccagni è molto lontano dalla porta, Immobile viene divorato dalla fisicità dei due centrali scozzesi, mentre Anderson non è in serata. Se a ciò aggiungiamo un Kamada in confusione e i due terzini praticamente schiacciati, otteniamo come risultato l’assoluta assenza della formazione di Sarri dalla trequarti avversaria.
Dal canto loro, invece, i padroni di casa hanno le idee molto chiare. In fase di possesso, le ali rimangono molto aperte e si viene a costituire una linea offensiva di 5 giocatori, che include anche le due mezz’ali. A destra, Maeda sfrutta la posizione molto stretta di Hysaj per ricevere con spazio, mentre Furuhashi abbandona spesso la posizione di centravanti (coperta poi da O’Riley), si stacca dalla marcatura e viene a dialogare coi compagni sulla trequarti. Al minuto 12, su quest’asse, gli uomini di Rodgers costruiscono l’azione del vantaggio. Palla a destra a Maeda, che sfrutta il ritardo dell’albanese, appoggio centrale sul danese che di prima intenzione rifinisce per il giapponese, che sorprende Provedel.
Analisi tattica Celtic-Lazio, la reazione biancoceleste
La grande chiave dell’analisi tattica che spiega la netta supremazia del Celtic sulla Lazio è l’intensità. Sotto questo punto di vista, non c’è partita e l’ago della bilancia pende nettamente a favore degli scozzesi. Non solo in termini di pressing, ma anche di presenza fisica e, soprattutto, mentale, con grande attenzione per cercare di sopperire il divario tecnico.
Non è un caso che solo quando l’aggressività dei padroni di casa cala, la prestazione dei biancocelesti cominci a salire di livello. La squadra di Rodgers inizia ad abbassarsi, rintanandosi nella propria metà campo. La Lazio ne approfitta per alzare a sua volta il proprio raggio d’azione, portando su anche i terzini e a trovando un minimo di qualità e fluidità in più. Da questi primordiali cenni di vita, gli uomini di Sarri acquisiscono sicurezza, entrano in partita e al minuto 29 trovano il meritato pareggio. Decisiva ancora una volta una palla inattiva. Si tratta di un corner per l’esattezza, sul cui sviluppo la sponda di Romagnoli trova Vecino sul secondo palo, che a distanza ravvicinata supera Hart con un colpo di testa.
Il finale del primo tempo è ora più equilibrato e non soltanto per il punteggio. Entrambe mettono in mostra le proprie qualità per avere la meglio e sembra finalmente si combatta a menti libere e ad armi pari.
Analisi tattica Celtic-Lazio, il secondo tempo: Pedro la risolve nel finale
Nella ripresa, però, si ritorna alla situazione già vista in apertura di questa analisi tattica, con un Celtic più determinato rispetto alla Lazio. Per la squadra di Sarri, il tentativo è sempre quello di mettere in partita il proprio tridente offensivo, soprattutto le ali con posizioni più interne. Gli scozzesi, di converso, continuano a tenere e trovare i propri esterni molto aperti, mentre O’Riley è padrone del centrocampo.
Poco dopo l’ora di gioco, Rodgers vara i primi cambi. Entrano Palma e Carter-Vickers per Yang e Phillips. L’ingresso dell’honduregno apporta nuova vivacità alla fascia mancina, con Lazzari ancora costretto a rimanere bloccato dietro. Il tecnico toscano, invece, risponde al 67′ con Guendouzi e Isaksen ai posti di Luis Alberto e Felipe Anderson. Questa sostituzione priva la squadra dell’uomo migliore che possa garantire un minimo di qualità e imprevedibilità alla manovra. Alla lunga, la Lazio patisce questa mancanza perché per tutto il secondo tempo non riuscirà più ad affacciarsi in avanti. Fatta eccezione, ovviamente, per l’ultimo minuto di gara.
Al minuto 71, arrivano invece i turni di Castellanos per Immobile da una parte, e Paulo Bernardo per Hatate, dall’altra. Sia per il Celtic che per la Lazio i nuovi innesti lasciano inalterati i sistemi di gioco così come presentati all’inizio di questa analisi tattica, trattandosi di cambi ruolo per ruolo. A beneficiare delle forze fresche, però, sono soprattutto gli scozzesi. Continuano col loro pressing alto e trovano facili uscite sugli esterni, che mettono in grande difficoltà la retroguardia biancoceleste. Al minuto 84, Sarri corre ancora ai ripari. Entrano Pedro e Marušić per Zaccagni e Lazzari. Viene novellato tutto il tridente offensivo, ma nessuno dei subentrati incide.
O almeno fino al minuto 95, quando la Lazio trova l’incredibile gol vittoria. Tutto nasce da una palla recuperata sulla trequarti da Castellanos, che avvia la transizione capitolina. Per la prima volta, ci sono ben 4 giocatori dentro l’area ad accompagnare l’azione. Sul palo lontano c’è Pedro, pescato dal perfetto cross di Guendouzi. Colpo di testa che s’insacca dolcemente in rete per il definitivo 1-2.
Celtic-Lazio, le considerazioni finali
Date ai biancocelesti una partita di Champions che sembra ormai spacciata e loro completeranno la rimonta, dovessero arrivare anche all’ultimo battito del match. È con questo pensiero che ci avviamo a concludere l’analisi tattica di Celtic-Lazio. I capitolini conquistano 3 punti d’oro, dal valore inestimabile visti gli ostacoli presentatisi, ma che consente loro di rimanere ancorati in vetta al girone assieme all’Atletico. E proprio come contro i Colchoneros, la squadra di Sarri trova nel finale la strada per ottenere il risultato più importante. La gioia non deve però diluire un giudizio tecnico che deve rimanere equilibrato, ma severo.
Siamo ancora ben lontani dalla Lazio a cui siamo abituati e che, soprattutto, vuole il suo allenatore. La squadra appare giù fisicamente e anche dal punto di vista mentale, faticando a macinare gioco e a imporre un ritmo deciso, il proprio, alla partita. Preoccupanti sono poi anche gli approcci. In queste prime 9 partite stagionali, i biancocelesti per ben 5 volte sono andati in svantaggio e soltanto nelle due gare di Champions sono riusciti a rimontare e a portare a casa qualche punto. Il successo non può che fare bene al morale e sicuramente aiuterà per il prosieguo di questo tour de force, ma il tecnico toscano ha ancora tanti rebus da risolvere per far spiccare nuovamente il volo alla sua aquila.