La Roma, sotto la guida di Mourinho, in queste prime 13 giornate di campionato ha collezionato 3 sconfitte negli scontri diretti casalinghi, tutti con il medesimo, nonché curioso, risultato: 0-1. Una squadra che in generale segna poco (16 gol totali, peggio delle prime 9 della classe, gli stessi del Bologna di Thiago Motta dodicesimo) e che nelle grandi partite, salvo quella con la Dea, ha un gioco offensivo misero. Quanta colpa hanno i giocatori e quanta ne ha Mou se la Roma segna poco, facendo comunque segnare gli avversari con errori individuali? Proviamo a dare una spiegazione in questo articolo, con statistiche individuali e collettive.
Roma, una squadra senza idea di gioco
Partiamo dalla radice del problema: la manovra offensiva. Anche il piano gara ideato nel derby era quello di stare alti nel recupero palla e di coinvolgere in maniera ossessiva i quinti. Un piano che spesso si ripete in questo mese per la Roma, ma che prima di questo mese aveva visto una sterilità anche nel pressing alto, con un baricentro complessivo bassissimo. Un gioco prevedibile e che porta l’avversario a leggerti le giocate con largo anticipo, fallendo solo davanti a limiti tecnici. Le volte infatti che la Roma ha affrontato difese piuttosto solide (Lazio e Napoli), l’attacco ha prodotto 3 palle gol, 0 contro il Napoli, 3 con la Lazio, di cui 2 fortuite e una da calcio piazzato, la fonte primaria di gol della Roma in questo inizio di stagione. La prestazione nel derby recente, oltretutto, è stata macchiata da 55 minuti totali senza arrivare ad una conclusione.
Un problema solo nell’attacco?
Veniamo ai giocatori offensivi. Sia per Abraham che per Belotti vale lo stesso discorso: sono serviti poco e male. Male perché ricevere il pallone spalle alla porta a 30/40 metri dalla porta e, nella maggior parte dei casi, fare la lotta fino all’area di rigore, non è quello che sognerebbero tutti gli attaccanti. Un lavoro sporco e che porta su di loro molte critiche, vuoi la condizione non certo brillante del centravanti inglese, che ha avuto zero chances di incidere nelle ultime due sfide casalinghe importanti. Se si vanno ad analizzare poi quelli che sono i dati puramente statistici: Andrea Belotti ha avuto, su 10 presenze, 6 occasioni, mentre Abraham 14 occasioni in 13 presenze. La sensazione è che, con l’arrivo di Dybala, l’attacco della Roma dipenda esclusivamente dall’estro della stella albiceleste.
Roma con poco gioco: non c’è la Joya, non c’è la gioia del gol
Non è un caso che tutte le sconfitte casalinghe con zero reti all’attivo abbiano un denominatore comune: Paulo Dybala che, con 5 gol e due assist, è senza ombra di dubbio il miglior giocatore della Roma. Ma la sua assenza fa giocare male anche i compagni, che ne sono dipendenti. Oltre alla mancanza dell’argentino anche la stagione tecnicamente altalenante di Lorenzo Pellegrini sta mettendo in difficoltà le ambizioni della Roma. Il suo ruolo fondamentale, ovvero quello di legare centrocampo e attacco grazie alla sua classe, è venuto meno, risultando decisivo nelle assistenze solamente da calcio piazzato. Non è chiaro però come una squadra, che secondo le ambizioni della società debba competere per un posto in Champions League, debba rivolgersi ad una sola figura, quasi totemica, per la fase offensiva.
La Roma nel gioco offensivo
La sterilità offensiva giallorossa non è però riconducibile alla indubbia qualità del suo reparto offensivo, che può contare su giocatori di indubbio livello. A Roma ci sono giocatori che partono molte volte dalla panchina come Stephan El Sharawy, il già citato Andrea Belotti, Eldor Shomurudov e il talento, tutto da scoprire, del giovane Volpato. Tutto questo senza dimenticare Niccolò Zaniolo, Tammy Abraham e Paulo Dybala, ai quali verrà aggiunto, con molta probabilità, l’esterno danese Solbakken (Bodo Glimt). Non sembra proprio un problema di uomini, semmai mancano le idee su come questi possano tornare alla rete nelle partite che contano.
Le parole di Mourinho che nasconde la polvere sotto al tappeto
Dopo il Napoli, Mourinho disse che la sua Roma non meritava di perdere contro la squadra più in forma del momento. Non sono mancate dichiarazioni vicine nel post derby, dove l’allenatore portoghese ha dichiarato che alla sua squadra mancasse lucidità e che ovviamente la sconfitta fosse immeritata. Effettivamente la Lazio non ha fatto nulla per legittimare la vittoria, ma questo deve solo aumentare l’apprensione in casa Roma. Forse il piano tattico, ormai obsoleto per questo tipo di calcio, andrebbe cambiato. Non possono essere sempre i giocatori la colpa del rendimento complessivo, anche lo Special One ha le sue colpe.
I grandi difensori del tecnico, ovvero ancora la stragrande maggioranza del tifo giallorosso, ripetono ossessivamente il mantra di non aspettarsi un calcio champagne, accompagnando a questo diktat la frase sopra riportata. Non è un caso che il secondo miglior marcatore della Roma sia Chris Smalling, con 3 gol, tutti di testa e tutti sugli sviluppi da calcio piazzato. Bisogna vedere la situazione nel suo complesso. La Roma non ha un’idea di gioco che va oltre il lancio lungo fatto da Cristante verso le due punte, con Zaniolo che va a cercare la sponda per puntare alla porta.
Di che Roma c’è bisogno?
In conclusione alla Roma servirà alzare la qualità delle prestazioni (singole e collettive) per poter sperare di centrare la qualificazione alla prossima Champions League. In questo modo, per quello visto fino al Derby con la Lazio, questa squadra non merita di essere tra le prime 4 squadre in Italia, come testimonia la classifica attuale. Forse alla squadra di Mourinho servirà qualche acquisto a gennaio, per sopperire a mancanze tecniche e numeriche in alcuni reparti(difesa e centrocampo). Vedremo se la Roma saprà correggere i propri errori già nelle prossime gare.